Leggere “Il difficile mestiere dello scrittore”, opera colpevolmente inedita sino all’altro ieri per il mercato editoriale italiano, per capire molto della letteratura americana. E conoscere il clima culturale dal quale scaturì, negli anni ’70 del secolo scorso, il New Journalism. Un testo imperdibile
Il più talentuoso, ma anche il più rissoso degli scrittori americani. A partire, almeno, dalla seconda metà del secolo scorso. Una volta, si racconta nella sua autobiografia, prese a pugni un uomo in un bar di New York perché dette del frocio al suo cane. Norman Mailer era cosi, prendere o lasciare. Alternava il dono della scrittura – e dei pensieri lunghi – ai demoni che consumano dall’interno l’animo umano. Figura apollinea dalle curvature dionisiache, l’ideatore di capolavori come “Il nudo e il morto” e “The Fight” arriva finalmente nelle nostre librerie con “Il difficile mestiere dello scrittore” per La nave di Teseo. Opera inedita, questa, erroneamente sottovalutata in tutti questi anni da editori e traduttori italiani. A riprova, qualora ce ne fosse bisogno, che in Italia non solo si legge poco ma si legge anche male. Molto male. “Scrivere è inquietante – esordisce nell’incipit -. Non è la routine dell’ufficio a tenerti sul pezzo, solo la pagina vuota ogni mattina, e non sai mai da dove arrivano le parole, quelle divine parole”. Norman Mailer racconta, con dovizia di particolari, e con grande sincerità, le soddisfazioni e le ricompense, ma anche le sfide e le dure prove, che uno scrittore deve affrontare. Dall’alto della sua esperienza regala preziosissimi consigli, lezioni e strumenti utili ad affrontare la pagina bianca e gli altri scogli che la scrittura e il mestiere dello scrittore presentano.
E’ la coppia di valori, il loro alternarsi, scontrarsi, sovrapporre i rispettivi passi, l’alfa e l’omega di ogni vicenda umana, a fare capolino nella letteratura e nel giornalismo di Norman. “Non sono – sottolinea – mai stato molto rapido nella virtù, ma il vizio ha sempre tenuto il mio passo. Siamo lame a doppio taglio, e ogni volta che affiliamo la nostra virtù, la corsa di ritorno arrota il nostro vizio”. Colui che nei primi anni ’70 di quel che si suole definire il secolo breve, assieme a Truman Capote e Tom Wolfe, diede vita al New Journalism, ad un’informazione che potesse essere fruita alla stregua di un romanzo, fu scrittore polifonico. Dispensatore di parole spalmate come il burro su una fetta di pane. Rese semplice, insomma, il complesso. Piano il curvilineo. Colorato l’ombroso. E, il difficile mestiere dello scrittore, riguardò altri ma non lui. Nonostante un pessimo carattere, Norman Mailer riuscì a non uccidere il suo smisurato talento.