Albano Galati, accusato dell’omicidio della consorte, è stato brutalmente picchiato da altri detenuti. I suoi avvocati denunciano responsabilità gestionali e chiedono intervento del Ministero della Giustizia
Violenza nel carcere di Taranto dove Albano Galati, 57enne detenuto per l’omicidio della moglie Aneta Danieclcyk, sarebbe stato vittima di un’aggressione da parte di altri detenuti. L’uomo, che il 16 marzo 2024 avrebbe ucciso la moglie con 29 coltellate, sarebbe stato trasferito dalla casa circondariale di Foggia a quella di Taranto.
Secondo quanto riferito dai suoi legali, Luca Puce e Davide Micaletto, Galati sarebbe stato accolto con minacce esplicite al suo arrivo, invitandolo ad andarsene perché “non gradito”. L’aggressione sarebbe avvenuta nella sua cella, dove un gruppo di detenuti lo avrebbe brutalmente picchiato, provocandogli forti traumi lacero-contusi al volto e varie contusioni al corpo, che gli avrebbero causato difficoltà di deambulazione e respirazione.
I legali si sarebbero detti “allibiti e amareggiati” per un episodio che, a loro avviso, si sarebbe potuto prevenire. La criticità principale risiederebbe nella decisione di collocare Galati nella sezione destinata ai detenuti comuni, nonostante fosse prevedibile che, per il reato contestatogli, sarebbe stato “immediatamente attenzionato”.
Gli avvocati avrebbero annunciato l’intenzione di richiedere approfondimenti al Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap) e di inoltrare istanze al ministro della Giustizia Nordio, evidenziando “responsabilità gestionali” nell’accaduto. Dopo l’aggressione, Galati sarebbe stato trasferito in un’altra sezione del carcere, in attesa dell’inizio del processo a suo carico.