mercoledì 15 Gennaio 25

Capisco di avere paura quando la lingua mi diventa amara

Intervista al procuratore capo di Catanzaro, Nicola Gratteri. “Difficile sconfiggere la ‘ndrangheta, bene che ci vada possiamo pareggiarla questa partita. La mafia foggiana spara e uccide perchè vuole essere riconosciuta dalle altre organizzazioni criminali”

Procuratore Gratteri, cosa cela l’espressione ‘la ‘ndrangheta ha uno sguardo presbite’ utilizzata nel suo ultimo libro?

 “La capacità di guardare oltre il particolare, quello che è più vicino a noi. E di costruire reti di affari in ambiti diversi da quelli localistici. Di dare forma, insomma, ad un capitalismo relazionale del male. In un certo qual senso la dimensione globale assunta dalla più potente, e ricca, organizzazione mafiosa del nostro Paese”.

Perché alle mafie conviene investire sempre più lontano dall’Italia?

“Le motivazioni sono sostanzialmente due. La prima attiene all’accumulazione di denaro che non può essere confinata, considerata l’ambizione affaristica coltivata da queste organizzazioni, ad una mera dimensione nazionale. L’altra, invece, ricerca per così dire ragioni di convenienza più giuridico-legislativa”.

Cioè?

“Ci sono Paesi le cui norme di contrasto alla mafia sono opache. Sfilacciate. Nazioni dove, per esempio, non esiste un Codice penale che contempli l’equivalente del nostro 416 bis, la legge che permette il sequestro e la confisca dei beni illegalmente conseguiti”.

Il Procuratore nazionale antimafia, Giovanni Milillo, ha definito la mafia foggiana un fenomeno strutturale. Qualcosa di più complesso – e sofisticato – di una semplice associazione ancestrale come spesso si usa definirla.

“La mafia foggiana spara, uccide, utilizza la violenza come proprio tratto distintivo perché non ha ancora compiuto il salto di qualità al quale aspira. Il suo agitarsi, mediante azioni estreme, omicidi eclatanti, mira ad una sola cosa: l’ottenimento, il riconoscimento da parte delle altre organizzazioni malavitose italiane. E’ una questione di rango, di prestigio. Quando li avrà conquistati cambierà stile, preferirà inabissarsi, opererà più nell’ombra”.

In ‘Fuori dai confini – La ‘Ndrangheta nel mondo’, il libro scritto a quattro mani con Antonio Nicaso, si fa riferimento alla guerra in Ucraina e alle cosiddette economie della catastrofe. Gli uomini dallo sguardo presbite già vedono opportunità, fiumi di soldi una volta che il conflitto bellico avrà fine?

“La mafia ucraina, che ha interessi in comune con la ‘ndrangheta, in questo momento è fuori dal suo Paese. Stringe alleanze per farsi trovare pronta quando arriveranno le ingenti risorse che serviranno alla ricostruzione. Pensando alla fine del conflitto russo-ucraino, sogna di rovistare tra le macerie della guerra in corso come tanti sciacalli. Il movente è il profitto; la causa occasionale: la disperazione”.

‘Nessuno più difende in Italia la mafia come sistema di vita o come modello alternativo di governo’. Condivide questo giudizio espresso dal sociologo Pino Arlacchi?

“Ho grande rispetto per uno studioso capace ed esperto come Arlacchi, ma non sono assolutamente d’accordo con lui. Magari fosse così. Esistono, purtroppo, sacche di consenso tutt’altro che irrilevanti attorno al fenomeno mafioso. La leva culturale assieme a norme repressive, ad una legislazioni che non abbassi mai la guardia, saranno fondamentali in futuro nell’azione di contrasto alle diverse criminalità organizzate operanti nel nostro Paese”.

Procuratore, cosa pensa dei magistrati che s’impegnano direttamente in politica?

“Un magistrato può decidere di entrare nell’agone politico. E’ libero di farlo. Ad una sola condizione, però: che non torni più indietro. Che riponga per sempre la toga nel cassetto”.

Considera ancora attuale la definizione che, della mafia, diede Leonardo Sciascia? “La mafia – disse – altro non è che una borghesia parassitaria. Una borghesia che non imprende, ma soltanto sfrutta’?

“A dire il vero considero questo giudizio più vero oggi che quando fu pronunciato, diversi decenni fa. Sciascia, che ritengo essere stato il più grande scrittore europeo del Novecento, aveva colto nel segno. Aveva capito prima di chiunque altro quale fosse lo schema di riferimento. Si legga il suo ‘Todo modo’: lì, in quel libro profetico, c’è scritto tutto. Gli intrecci tra certa politica e certa imprenditoria, e tra questi mondi e la mafia stessa, non sono mai cessati. Anzi. Continuano a funestare la vita delle nostre società, a ledere i diritti delle persone oneste, con un grado di elaborazione ancora più sofisticato”.

Lei sostiene che la ‘ndrangheta abbia unificato il territorio nazionale. Ci voleva la criminalità organizzata per superare l’annosa – e centenaria – Questione Meridionale?

“Bella questa, accostamento indovinato. Complimenti. In effetti è così. La  mafia calabrese opera su tutto il territorio nazionale senza soluzioni di continuità. E bene integrata tanto al sud quanto al nord del Paese, passando per il centro. Gli interessi, specie poi quando sono così cospicui, non conoscono differenze e costrutti umani. Linguaggi, orientamenti religiosi, colore della pelle: tutto si abbatte grazie all’omologazione delle opportunità perseguite. Un monito per le nostre classi dirigenti istituzionali…”.

Perché tarda ad arrivare la sua nomina a Procuratore capo di Napoli? Sarà più contenta alla fine la ‘ndrangheta, o più scontenta la camorra, di questo trasferimento?

“Fosse per me resterai a Catanzaro, ma dopo otto anni la legge impone di cambiare ufficio e luogo di lavoro. Vedremo. Sono un servitore dello Stato, continuerò a fare il mio mestiere qualsiasi dovesse essere la destinazione che mi verrà assegnata”.

Qual è il suo giudizio sui magistrati corrotti?

“E’ un giudizio molto semplice. Disonorano, con la loro condotta, la magistratura. Andrebbero cacciati senza perdere tempo. Noi guadagniamo bene, che bisogno c’è di rubare, corrompere o farsi corrompere…?”.

La ‘ndrangheta, un giorno, potrà essere sconfitta definitivamente?

“La vedo difficile. Bene che ci vada potremo pareggiarla questa partita. Lo Stato però dovrà darci una mano, pensare ad investimenti duraturi. Le sembra mai possibile che le mafie hanno a disposizione hacker che noi neanche ci sogniamo? I nuovi crimini si consumano sulla rete: con le criptovalute, le banche virtuali, i pagamenti in bitcoin delle droga comprata dai cartelli sudamericani. Necessitiamo di strumenti e personale qualificato che il decisore pubblico ancora fatica a metterci a disposizione”.

La paura per Martin Luther King venne a bussare alla porta, la fede si alzò per andare ad aprire, e non vi trovò nessuno. Per lei, invece, cos’è la paura?

“E’ una strana sensazione. Capisco di avere paura quando la lingua mi diventa all’improvviso, in un solo attimo, amara…”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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