Leggere il pamphlet di Rino Genovese per capire come non esista alcuna soluzione di continuità tra socialismo utopico e socialismo possibile. Il capitalismo egoista, senza freni, non potrà mai portare avanti chi è nato indietro
Quale socialismo andrà edificato nei prossimi anni? Esiste ancora lo spazio per un’idea di sinistra nelle società contemporanee? Ad aver vinto è il solo libero mercato e i suoi animal spirits? A chiederselo è Rino Genovese, con il suo pamphlet: “Socialismo utopico, socialismo possibile”. Dopo la teoria “dei meriti e dei bisogni” del Psi craxiano, formula antesignana della Terza Via di Anthony Giddens e del partito laburista inglese, dopo il socialismo vissuto come una civiltà e non semplicemente come un’opzione partitica, il salto culturale da compiere è un altro. Se vogliamo ancora più avvincente, per quanto non originalissimo. Già Carlo Rosselli ne aveva profetizzato gli aspetti salienti – e definito il perimetro programmatico – nei primi anni ’30 del secolo scorso. Il socialismo democratico come evoluzione del liberalismo, arguiva il fondatore di “Giustizia e libertà”. L’individualismo sociale in risposta al capitalismo dei profitti, per il saggista e presidente della Fondazione “Critica sociale”. Tra le due proposizioni, a ben vedere, non si evincono differenze sostanziali. Non vi è alcuno iato.
Si potrebbe dedurre che il socialismo, al pari dell’araba fenice, rinasca dalle sue stesse ceneri. E’ giovane in quanto saldamente ancorato a solide tradizioni. Traguarda la modernità senza dimenticarsi per strada il nucleo identitario del proprio peregrinare ideologico. Per fare cosa, poi? Per offrire un’idea diversa di convivenza civica. Per semplificare la complessità. Per portare avanti chi è nato indietro. E offrire un diverso paradigma di governo pubblico. Nel passaggio dalla globalizzazione dei profitti alla globalizzazione dei bisogni, in questo intermezzo resosi più profondo – e necessario – a causa di una doppia crisi, sanitaria ed economica al tempo stesso, il socialismo possibile diviene uno solo. Quello liberale e riformista. L’evoluzione temporale da Carlo Rosselli a Rino Genovese lungo la retta della dimensione collettiva. Non c’è niente di utopico nel ricercare l’individualismo sociale giorno dopo giorno.