Leggere l’opera postuma di Franco Cassano, curata da Pasquale Serra per Edizioni Laterza, e balsamo lenitivo per le anime sgraziate dei nostri tempi. Quando inizia a logorarsi una storia collettiva, qualsiasi essa sia, andrebbe trovato rifugio nei punti di confine. Nella traduzione che non esclude la tradizione. Una lezione per la sinistra orfana d’idee, dall’incerta postura etica
“Non ho mai pensato di aver conquistato la verità, ho solo cercato di avere un rapporto onesto con il problema che essa pone”. Potrebbe bastare il semplice incipit dell’ultimo libro di Franco Cassano, un’opera postuma curata da Pasquale Serra (L’inquietudine del pensiero, Editori Laterza), perché possa leggersi tutto d’un fiato questo concentrato di riflessioni intelligenti, di ragionamenti ariosi, di pensieri adagiati sul bagnasciuga di mari promettenti. Cercare, aprire le porte della propria dimora interiore alla curiosità, “equivale a sentirsi vivi”. A differire la morte con la scusa che “c’è tanto da fare e non si sa quando si finirà”. Quando inizia a logorarsi la storia collettiva, il marxismo con la sua parziale lettura dei processi di produzione, il partito novello principe, traditore dei suoi stessi ideali, quando inizia a scucirsi il rapporto con la politica, diventa necessario ripartire dai punti di confine. Dalla traduzione che differenzia senza ledere le identità. Dalla diversità che unisce ponendo fuori dal rettangolo di gioco i fondamentalismi multipli. Quello religioso, di matrice islamista, e quello di un Occidente schiavo della tecnica e di una società edificata sull’altare dei consumi parossistici.
Andrebbe recuperata la lentezza che, proprio Cassano, ci ha insegnato con “Il pensiero meridiano”. La lentezza necessaria per poter riflettere; la lentezza che ci fa prendere tempo. La lentezza che giura fedeltà ad un punto di vista critico sul presente, la lentezza in grado di arginare ciò che la velocità produce – ed ammala – ma non riesce a curare. Perché le domande superino le risposte, è necessario non de-formare la verità. Cercarla senza lo specialismo d’intellettuali accucciati sotto l’ala protettiva di un qualsivoglia potere. E di una tecnica prevaricatrice dei diritti. L’inquietudine (del pensiero) nasce da un fastidio ed un’insofferenza. “E’ come spostare continuamente il peso del corpo da una gamba all’altra; l’impossibilità di sedersi e fermarsi per dire: fine del viaggio, finora cercavo, adesso ho trovato”. Balsamo lenitivo per le anime sgraziate che popolano un presente sfuggente.