Secondo un’indagine di Istat e UNAR 8 persone su 10 hanno subito micro-aggressioni sul posto di lavoro a causa del proprio orientamento sessuale
Quale correlazione esiste tra il proprio orientamento sessuale e l’occupazione lavorativa? Ovviamente, nessuna.
Eppure, secondo un’indagine condotta nel 2022 da Istat e UNAR (Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali) sulle discriminazioni lavorative nei confronti delle persone LGBT+ (non in unione civile o già in unione) e pubblicata nella giornata di oggi, 15 maggio, circa otto persone omosessuali o bisessuali intervistate su dieci hanno sperimentato almeno una forma di micro-aggressione in ambito lavorativo legata all’orientamento sessuale. Per micro-aggressione si intendono brevi interscambi ripetuti che inviano messaggi denigratori ad alcuni individui in quanto facenti parte di un gruppo, insulti sottili diretti alle persone spesso in modo automatico o inconscio.
Inoltre, il 61,2% delle persone occupate o ex-occupate riferisce, in relazione all’attuale/ultimo lavoro svolto, di aver evitato di parlare della vita privata per tenere nascosto il proprio orientamento sessuale; per la stessa ragione circa una persona su tre ha evitato di frequentare persone dell’ambiente lavorativo nel tempo libero.
A quanto pare, infatti, il coming out viene sentito quasi come “necessario” sul posto di lavoro: l’orientamento sessuale dei rispondenti occupati è noto (o era noto per gli ex-occupati) ai colleghi di pari grado nel 78,3% dei casi, seguiti dal datore di lavoro o superiori (64,8%) e dai dipendenti o persone di grado inferiore (55,3%). Sempre nel contesto lavorativo, il 31,2% riporta episodi di svelamento della propria omosessualità da parte di altre persone (outing).
Secondo gran parte dei rispondenti (persone omosessuali e bisessuali, non in unione civile o già in unione, che vivono in Italia) la discriminazione per motivi legati all’orientamento sessuale è un fenomeno diffuso: il 91% ritiene infatti che le persone gay e lesbiche siano molto o abbastanza discriminate.
Al termine dell’indagine è emerso che le persone intervistate avvertono la necessità di misure e iniziative che favoriscano l’inclusione della comunità LGBT+, ad esempio sensibilizzando l’opinione pubblica sul tema, anche attraverso campagne di informazione attuate dalle istituzioni e interventi legislativi, quali il riconoscimento legale di entrambi i genitori per i figli di coppie omogenitoriali.