sabato 21 Dicembre 24

Associazione Indotto AdI e General Industries: “Ora alle parole devono seguire i fatti”

L’Associazione ribadisce la necessità di azioni concrete che garantiscano uno stabilimento siderurgico che non inquini e, allo stesso tempo, salvaguardi la tenuta occupazionale del territorio

Una Confindustria autonoma. Apartitica. E a-governativa. Bene. Anzi, benissimo. Peccato che tali propositi non sempre vengano rispettati. Che il recente passato abbia denotato – e dimostrato – altro. Il mancato invito, per esempio, delle imprese della metalmeccanica dell’indotto ex Ilva sui tavoli che contano. Dinanzi a ministri e attori istituzionali“.

Queste le parole con cui si apre il comunicato stampa diffuso dall’Associazione Indotto AdI e General Industries a seguito dell’assemblea pubblica di Confindustria Taranto, a cui ha preso parte anche il presidente nazionale di Confindustria, Carlo Bonomi.

Ci viene spontaneo chiederci dove fossero, quando esprimevamo il nostro dissenso, tutti coloro che oggi presentano come proposte proprie le idee che portiamo avanti da anni.

Prendiamo atto, comunque, di questo cambio di passo.

Lo salutiamo con favore perché in linea con i valori che hanno animato la nascita della nostra associazione, che costituisce un autorevole punto di riferimento per tutte le aziende nei settori dell’impiantistica industriale navale ed edile.

Al momento, siamo gli unici referenti dell’industria locale, non solo di AdI, perché la nostra Associazione nasce dalla naturale evoluzione del nucleo di aziende che operano nel settore della metalmeccanica, dell’edilizia, della navalmeccanica e dei trasporti.

 Adesso, però, alle parole devono seguire i fatti. A cominciare dal riconoscimento dei crediti vantati dalle imprese del territorio non più procrastinabile. Non solo per le realtà produttive riconducibili al siderurgico di Taranto.

Il comparto metalmeccanico, alle nostre latitudini, è altro. È molto di più.

Riguarda settori come l’impiantistica industriale navale ed edile. Nonché i trasporti.

E, con i suoi oltre 3.500 lavoratori, rappresenta un segmento essenziale per la tenuta economica e sociale dei destini locali. Da più parti si caldeggia la transizione ecologica. La ridefinizione di un nuovo paradigma di sviluppo.

Il passaggio da ieri ad oggi. L’approdo nel futuro.

Lo ha fatto anche il sindaco di Taranto, durante il suo intervento dell’altro ieri all’assemblea generale di Confindustria. Anche in questo caso siamo assolutamente d’accordo con questo nuovo spirito dei tempi. Ci permettiamo soltanto di aggiungere che le transizioni, qualsiasi esse siano, hanno dei costi. Necessitano di tempo e fatica. Di passaggi da concertare con i diversi attori coinvolti.

A tal proposito, abbiamo ascoltato tutte le dichiarazioni dei massimi esponenti circa la chiusura dell’area a caldo in AdI.

Di un revamping dell’Altoforno 5. Di un acciaio da realizzare con forni elettrici. Di un mondo bello e meraviglioso. Belle parole. Bei concetti. Siamo, anche in questo caso, tutti d’accordo.

Qualcuno, però, giunti a questo punto, ci spieghi a cosa siano serviti gli interventi di ambientalizzazione sin qui eseguiti in fabbrica? Perché averli realizzati se si vuole chiudere l’area a caldo? Con quali risorse finanziare il revamping dell’altoforno 5? La realtà è un tantino più complessa dei pur legittimi – e condivisibili – voli pindarici di qualcuno.

Calma e responsabilità.

Il futuro (sempre) più pericolante delle nostre aziende, la sorte di migliaia di lavoratori, il futuro dei territori di riferimento meritano ragionamenti che possano sposarsi con i fatti.

Che ci facciano guardare al futuro sapendo cosa fare domattina”.

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