martedì 29 Aprile 25

Crisi ex Ilva, Confindustria e Confapi (Ta): le proposte delle associazioni

A fronte della situazione di instabilità dello stabilimento jonico, le due associazioni di categoria intervengono attraverso una nota congiunta con la quale restituiscono azioni possibili. Riportiamo integralmente il contributo

La crisi in cui versa lo stabilimento siderurgico ex Ilva di Taranto, che registra, ad oggi ed in prospettiva, risvolti pesantissimi sul piano economico e sociale, si ripercuote pesantemente e oramai da più di un decennio, sulle imprese fornitrici: centinaia di aziende piccole medie e grandi che sviluppano a loro volta una forza lavoro di migliaia di dipendenti.

L’indotto dell’ex Ilva di Taranto costituisce infatti da sempre la cartina di tornasole di una vicenda- dall’amministrazione straordinaria in poi – mai realmente risolta. Ripercorrere quello che si è verificato dal 2015 in poi significherebbe parlare di uno dei passaggi più dolorosi cui queste aziende hanno fatto fronte nel loro percorso lavorativo interno allo stabilimento siderurgico: un passaggio che per alcune ha significato chiusura, per altre drastici ridimensionamenti. In tutti i casi, mai indolore, se si considera che con l’ammissione della allora ILVA Spa alla procedura di amministrazione straordinaria, le imprese furono inserite nel passivo per un importo di circa 150 milioni di euro, mai più recuperati.

Oggi, davanti alle numerose incognite che la complessa vertenza porta con sé, Confindustria e Confapi Taranto, dopo aver già percorso la strada della interlocuzione con i vari ministeri competenti (peraltro già tentata anche con i precedenti governi), hanno ritenuto di stilare una serie di proposte da sottoporre al Governo (e per gran parte già sottoposte a Confindustria nazionale) per salvaguardare l’immenso capitale imprenditoriale ed umano rappresentato dalle aziende dell’indotto. E’ doveroso, per far questo, partire da una premessa.

Di recente la cosiddetta legge Marzano è stata modificata, prevedendo che nei casi di società partecipate dallo Stato (ad eccezione di quelle quotate), l’ammissione immediata alla procedura di amministrazione straordinaria di imprese che gestiscono uno o più stabilimenti industriali di interesse strategico nazionale può avvenire su istanza del socio pubblico che detenga – direttamente o indirettamente – almeno il 30 per cento delle quote societarie. Tale intervento legislativo in materia di accesso immediato alla procedura di amministrazione straordinaria ha destato una ovvia preoccupazione nelle imprese fornitrici, già penalizzate da un’assenza di liquidità che – laddove non ha provocato conseguenze irreversibili – ha sottratto loro prospettive sul piano degli investimenti, della crescita dimensionale e dell’apertura verso nuovi mercati.

In caso di amministrazione straordinaria le associazioni chiedono che venga riconosciuta la prededucibilità per tutti i crediti delle imprese dell’indotto dello stabilimento siderurgico e non solo per i crediti relativi ai lavori AIA e per i crediti delle PMI relativi al risanamento ambientale, alla sicurezza e alla continuità degli impianti produttivi essenziali (come previsto dal d.l. 1/2015 convertito con L. 20/2015) e che diede luogo, a suo tempo, a difficoltà interpretative e numerosi giudizi di opposizione.

Al fine di evitare una nuova crisi di liquidità nelle imprese fornitrici, le associazioni prevedono la cessione “pro-soluto” di tali crediti prededucibili alla Banca del Mezzogiorno (o altra società individuata dallo Stato), con la garanzia della stessa Invitalia, al momento socio di minoranza all’interno di Adi.

E fin qui le proposte sul piano meramente tecnico-operativo, al fine di salvaguardare la platea delle aziende fornitrici ed evitare un ulteriore e disastroso colpo inferto sulle aziende che hanno retto per decenni le sorti dello stabilimento.

Reputiamo necessaria una forte presa di posizione da parte del Governo centrale – che contempli un ingresso temporaneo nella maggioranza del capitale, come già ipotizzato mesi addietro – affinchè si eviti il cosiddetto “binario morto” verso il quale la vicenda si sta progressivamente avviando, con un serie di rinvii e un pericolosissimo depauperamento dello stesso stabilimento.

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