Il Governo punta al ponte sullo Stretto per assorbire gli esuberi della riconversione green, mentre l’indotto chiede tutele. A giugno scadono i fondi statali
La vicenda dell’ex Ilva continua a tenere banco nel panorama industriale che coinvolge oltre 10mila dipendenti diretti e circa 8mila nell’indotto. Il governo Meloni è impegnato in una corsa contro il tempo per definire entro giugno il passaggio di proprietà, quando si esauriranno gli ultimi fondi statali (100 milioni dal decreto Milleproroghe e 250 dal patrimonio destinato).
La svolta più significativa riguarda il possibile coinvolgimento dell’acciaieria nella fornitura delle strutture per il ponte sullo Stretto di Messina, un progetto da 14,7 miliardi che potrebbe assorbire parte degli esuberi previsti dalla riconversione verso i forni elettrici. Il piano include anche un impianto per il preridotto e un hub portuale per l’eolico offshore galleggiante.
Le organizzazioni sindacali, memori di precedenti promesse non mantenute sotto la gestione ArcelorMittal, chiedono garanzie più concrete. Sul tavolo, la richiesta di ripristinare l’esodo incentivato (che prevedeva 100mila euro lordi nel 2018) e una legge speciale per i siti siderurgici. Particolare attenzione viene posta dalle 85 imprese dell’indotto, rappresentate dall’Aigi, sopravvissute dal 2015 grazie a una diversificazione delle attività in ambito europeo.
Cinque i nodi cruciali da sciogliere in tempi record: l’accordo tra sindacati e nuova proprietà, l’attivazione del Golden Power, il via libera dell’Antitrust europeo, la definizione della partecipazione statale minoritaria e la nuova Autorizzazione ambientale integrata. Quest’ultima particolarmente critica dopo che l’Istituto Superiore di Sanità ha bocciato la Valutazione di impatto sanitario per una produzione di 6 milioni di tonnellate.
Tanti ancora i nodi da sciogliere per il tessuto economico di Taranto, ma anche per l’intera siderurgia nazionale chiamata a una transizione verde che deve fare i conti con occupazione e competitività internazionale. Come sottolineato dal senatore Gasparri: “Non possiamo rinunciare alla produzione siderurgica, ma deve avvenire in condizioni ambientali migliori e con regole equilibrate nei diversi mercati”.