martedì 2 Luglio 24

La cena rovinata dalle parole di Franco Bernabè

Il manager, già presidente di Acciaierie d’Italia, ospite ieri sera nel salotto televisivo di Lilli Gruber ha sciorinato gemme di rara bellezza dialogica. “L’ex Ilva è oggi compatibile con la città di Taranto. Spero che lo Stato salvi il sito pugliese. Il pronunciamento della Corte europea si riferisce a pratiche produttive del passato”. La conduttrice di “Otto e mezzo” non ha replicato, of course

“Spero che lo Stato riesca a salvare l’ex Ilva”. Il già presidente di Acciaierie d’Italia, il manager Franco Bernabè, intervenuto ieri sera nel corso della trasmissione televisiva “Otto e mezzo”, risponde così alla domanda di Lilli Gruber. “Le azioni per la valorizzazione ambientale del sito tarantino – ha poi aggiunto –  hanno comportato costi pari ad un miliardo e 800 milioni di euro. Allo stato attuale, quella fabbrica, è compatibile con la città che la ospita. La sentenza dalla Corte Europea di qualche giorno fa si riferisce al passato, a vecchie pratiche produttive, oggi non più riscontrabili”. Così parlò Franco Bernabè, insomma. In prima serata. All’ora di cena. Sulla rete dell’editore del “Corriere della Sera”, Umberto Cairo. Se lo dice lui, Bernabè intendiamo, siamo tutti più sicuri. Ebbi modo d’intervistare qualche anno fa il manager italiano, lo raggiunsi al Molo polisettoriale di Taranto per un convegno sui costi energetici di una grande fabbrica come l’ex Ilva. Non mi colpì particolarmente. Mostrava una cultura scolastica sui temi dell’acciaieria, slegata da una prassi quotidiana. Da una conoscenza pratica, costruita sul campo. Il suo approccio elitario poco aveva a che fare con il sudore e il dolore di chi, quell’industria, la vive ogni giorno. Ricavandone, in cambio, umiliazioni e sconfitte.

Che in Italia ai manager fosse consentito tutto, parlare, straparlare, è facile da immaginare. Complice il nostro nanismo industriale, ci affidiamo alla presunta scienza di qualcuno per supplire alle nostre conclamate deficienze. Ma, addirittura, raccontare che con quel poco di acciaio che ancora si produce a Taranto siamo alla riedizione del Paese di Bengodi è davvero troppo. Offende le intelligenze, guasta la digestione, disturba il sonno (della ragione). Esprimere sottolineature, distinguo fuori tempo massimo sul pronunciamento – dell’altro ieri – della Corte europea modella una forzatura non richiesta. Bettino Craxi diceva a proposito di Giuliano Amato: “E’ un valente tecnico, un fine giurista che cammina a gettoni”. Non è il caso di Franco Bernabè, evidentemente. Il già dimenticato presidente di Acciaierie d’Italia.  

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