venerdì 18 Ottobre 24

La Confindustria una e trina

Tutti contro tutti. Tomo tomo l’associazione degli industriali s’incammina verso l’appuntamento del prossimo 13 gennaio. In occasione del Consiglio generale, convocato per quella data, potrebbe accadere di tutto. Anche una scissione. Per confluire da altre parti. La Confapi, per esempio. CosmoPolis vi racconta i retroscena che, di fatto, hanno reso un’associazione di categoria simile ad un partito politico

Non una, ma due. Forse persino tre. La Confindustria è una e trina. A Taranto, l’associazione degli industriali, non esiste più pur continuando ad esistere. Ad agitarsi. In un moto perpetuo e senza soluzioni di continuità. Al pari dei partiti di un tempo, quelli per intenderci della Prima Repubblica, o alla magistratura di oggi e di ieri, è dilaniata da correnti interne. Da fazioni contrapposte. Da amici che si atteggiano a nemici; da nemici che fingono di essere amici. I consiglieri da nominare nella futura Camera di Commercio. Le soluzioni da offrire alla kafkiana vicenda dell’ex Ilva. Il giudizio sull’operato tomo tomo di Toma. Per ognuno di questi aspetti, esistono almeno tre – o quattro – posizioni diverse le une dalle altre. Vige il caos. L’entropia: problemi senza alcuna soluzione. Il disordine organizzato. Se si volesse semplificare lo schema, delineare i gruppi in campo, la geografia interna alla Confindustria tarantina potrebbe cosi essere riassunta. Da una parte ci sono l’attuale presidente, assieme a Cesareo, il numero uno di Agromed; dall’altra le imprese delle indotto, cioè i metalmeccanici, e buona arte dell’Ance: la categoria degli edili. Con l’aggiunta del referente della Morselli per Acciaierie d’Italia in Confindustria, Luigi Sportelli. Più defilato, anche se le cronache lo danno vicino al gruppo che ruota attorno all’asse Toma-Cesareo, il titolare della Cisa, il massafrese Antonio Albanese. Defilato per davvero l’ex presidente della stessa associazione, Antonio Marinaro. La data del 13 gennaio, in occasione del Consiglio generale, potrebbe segnare la definitiva deflagrazione dell’associazione datoriale di via Dario Lupo. L’approdo di molte imprese verso altri lidi. La Confapi, per esempio. Le parole di Toma dei giorni scorsi hanno lasciato il segno, inciso in profondità. E operato una frattura difficile da ricomporre. Anche per una Confindustria da diverso tempo malmessa come quella jonica. Non si era mai visto che un presidente sposasse la linea dei sindacati e prendesse le distanza dalle posizioni caldeggiate dai suoi associati. Giuste o sbagliate che fossero le tesi di questi ultimi. Non si era mai visto che tomo tomo ci si mettesse in scia alle considerazioni, poco eleganti, del sindaco di Taranto sulle aspettative nutrite dal sistema dell’indotto. Nonostante venga indicato il cielo, si continua a guardare la mano. La Confindustria di Taranto. Una e trina.

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