Altro che Promessi Sposi, Taranto – e la sua industria siderurgica – capovolgono lo schema del Manzoni. Se lo Stato aumentasse le proprie quote in AdI l’amministratrice delegata salterebbe
Se lo Stato arrivasse a possedere il 60% di quote in Acciaierie d’Italia, se lo facesse prima del termine previsto per il prossimo anno, Lucia Morselli salterebbe. Non sarebbe più l’amministratore delegato del colosso siderurgico; a lei si preferirebbe un altro manager, più dialogico, più empatico, meno ruvido nei rapporti con le parti sociali e il sistema dell’informazione (a tratti surreale l’intervista concessa l’altra sera al Vespone nazionale dalla “tagliatrice di teste” modenese…). Renzo (il ministro Urso) e Lucia (Morselli) non si sopportano. Fanno fatica a trovare punti di contatto, un modello compiuto di sintesi. Capovolgendo lo schema del Manzoni, sono promessi separati in casa più che sposi. In attesa che si conosca il Piano Industriale (ma esiste alla fine…?), che si scrivano Accordi di Programma, il nuovo Eldorado da accarezzare tra palco e realtà per il sindaco Melucci, che si comprenda cosa farne dei lavoratori e delle diverse Casse integrazioni speciali e in deroga, l’ex Ilva somiglia sempre più ad un drago d’acciaio con i piedi di argilla. L’anomalia di una modernità senza cultura. La scorciatoia autostradale verso il nulla. Meloni capisce poco di industria e siderurgia. Quelli che c’erano prima capivano un po’ di più ma non hanno fatto comunque niente. Taranto si trova in mezzo al guado, priva di una definizione. La logica conseguenza di chi consegna il proprio futuro nelle mani malferme di altri.