Taranto, la terza città più grande del nostro Mezzogiorno peninsulare, sede della più imponente fabbrica siderurgica d’Europa, luogo nel quale si celebreranno ad agosto del 2026 i Giochi del Mediterraneo, ha un sistema dei trasporti a dir poco drammatico. Emblema di un Sud relegato sempre più a Sud del mondo
Secondo un recente studio, redatto dalla CGIA di Mestre, l’economia locale che cresce di più è quella dotata di un moderno sistema infrastrutturale. La produttività lorda di questi territori è mediamente più alta – e duratura – di altre aree del Paese. Più depresse, rispetto alle prime, perché confinate in un isolamento tutt’altro che dorato. In un contesto globale in evoluzione, le infrastrutture sono vitali per l’economia. Garantiscono scambi efficienti e sostengono l’accesso ai mercati. Migliorano gli investimenti assieme all’occupazione e alla redditività del tessuto imprenditoriale. La finanza, insomma, insegue la mobilità. I capitali vogliono viaggiare comodi e sicuri. Possibilmente veloci. In un quadro siffatto, la situazione di Taranto, della terza città più grande del nostro Mezzogiorno peninsulare, sede della più imponente fabbrica siderurgica d’Europa, luogo nel quale si celebreranno ad agosto del 2026 i Giochi del Mediterraneo, è a dir poco drammatica. Emblema di un Sud relegato sempre più a Sud del mondo. Arrivarci, nel capoluogo jonico, è complicato; ripartire, dalla città dei due mari, è anche più difficile. Persone o merci fa lo stesso, cambia poco alla fine. L’autostrada termina a Massafra, perpetrando quella che in loco si è soliti chiamare “la maledizione dell’ultimo miglio”. La rete ferroviaria ricorda un film di Ken Loach sulle aree più interne – e rurali – del Regno Unito agli albori del secolo scorso. Mediamente bisogna impiegare poco meno di due ore di tempo per coprire appena 80 km di distanza, cioè la tratta tra Taranto e Bari.
Non sola l’alta velocità, ma anche la media (e la bassa) velocità non sono mai sopraggiunte in questo lembo di territorio nazionale. A queste latitudini, invece, si viaggia a passo di lumaca. Con lentezza poco disinvolta. L’aeroporto “Arlotta” di Grottaglie è da sempre chiuso ai voli civili, schiacciato dagli scali adriatici di Bari e Brindisi. E il porto i cui traffici – e movimentazione dei container – hanno subito, nell’ultimo biennio, una contrazione pari al 40% del giro d’affari aspetta invano la realizzazione dei lavori di dragaggio. Da oltre vent’anni a questa parte. Il quadro d’insieme è questo. Desolante. Grottesco. Da trasporti non in linea con le indicazioni e i Piani di settore redatti in Europa. La mobilità a Taranto, città cerniera tra Puglia settentrionale e meridionale, è immobile. Ripiegata su se stessa. E la ricchezza economica, il grande (e piccolo) capitale prende altre vie. Girando alla larga da quella che un tempo fu la capitale della Magna Grecia.