martedì 21 Gennaio 25

CENTRO RETORICO

Taranto e l’occasione mancata del recupero – e valorizzazione – della città vecchia. Unico grande capoluogo di provincia in Italia ad aver mancato il proprio appuntamento galante con la Storia. Al pari – e al contrario – dell’Angelo di Walter Benjamin

Parte dal centro la dipartita storica di Taranto. L’incontro mancato, e diverse volte rimandato, di un’identità cittadina con il suo popolo. La città vecchia, come si suole chiamare l’Isola madre, irride il passato e disconosce il futuro. Replica, con colpe inconsapevoli, l’esempio dei “non luoghi” di Marc Augè: grandi ipermercati della finzione alienante. Tra i capoluoghi di provincia italiani, Taranto è l’unica grande realtà urbana a non aver completato il risanamento – e la valorizzazione – del proprio centro storico. Singoli interventi-spot, pennellate di colori qua e là in ossequio allo stile impressionista, ma nessuno progetto di riconsiderazione complessiva del proprio ventre culturale. Delle risorse messe a disposizione del Cis, il Contratto istituzionale di sviluppo, grazie ad una delibera Cipe del 2018, si sono perse le tracce. Affogate nelle intenzioni di qualche sottosegretario del recente passato. Di colui che convocava la stampa in prefettura perché si dicesse il nulla dopo ore di parole in libertà. Circa 100 milioni di euro, alla fine, volatilizzati. Destinati per grande parte al Comune e alla Marina Militare.

Avremmo dovuto riqualificare Piazza Fontana. Avremmo dovuto risanare il Ponte Girevole. Avremmo dovuto riqualificare le Mura Aragonesi. Avremmo dovuto dotare Mar Piccolo di un waterfront. Avremmo dovuto dare il via alla rete degli ipogei. Avremmo dovuto destinare un’area di Castello Sant’Angelo a polo culturale e bibliotecario. Avremmo dovuto completare i lavori della casa museo di Paisiello. Già: avremmo dovuto. Modo condizionale (e condizionate); tempo passato (e passante). Taranto somiglia all’Angelo della Storia descrittoci da Walter Benjamin: un angelo che vola con lo sguardo rivolto al passato, dando le spalle al futuro. “Non è che il passato getti la luce sul presente o il presente la sua luce sul passato: l’immagine è ciò in cui quel che è stato si unisce finalmente con l’adesso in una costellazione”. Nel proprio passato si trova la chiave per aprire le porte del futuro, ha voluto insegnarci il grande filosofo tedesco. Difficile poterlo fare con un centro storico non più centro e poco storico. Diviso – e spaccato – in due. Non luogo della memoria dispersa. Effigie di un’identità volata altrove.

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