giovedì 24 Aprile 25

IL-LIBERTA’ DI STAMPA

Liberateci, per favore, dai Vespa e dalle Gruber. Dai Giannini e dai Travaglio. Dai Fazio e dai Porro. Presenze a reti unificate di un’informazione senza più alcun racconto. L’Italia scivola dal 41° al 46° posto per quel che concerne la libertà di stampa. Leggere l’ultimo rapporto di Reporter senza frontiere

Perde cinque posti in graduatoria l’Italia, passando dal 41° al 46°posto della classifica 2025 redatta da Reporter senza frontiere, per quel che concerne la libertà di stampa. Se si considerano i grandi Paesi occidentali, il nostro è quello messo peggio. Tanti, troppi i giornalisti che vivono ancora sotto scorta. Ancor di più quelli minacciati – e intimiditi – mediante l’istituto giuridico della querela temeraria. Quando (e se) il legislatore interverrà su questa specifica materia sarà, comunque, sempre troppo tardi. Il servizio pubblico, poi, Mamma Rai per intenderci, era e continua ad essere asservito ai governi di turno. I cinque minuti di Bruno Vespa ogni sera dopo il telegiornale, disturbano la digestione, ti consegnano all’insonnia, e rendono plastica la pericolosità di certi adulatori di professione. Molto peggio chi lecca di chi dovesse mordere, alla fine. Non dissimile la Gruber, con la sua ossessione politico-femminista su Meloni.

Certo la libertà, e quella di stampa in modo particolare, è concetto polimorfo: assoluto e relativo al tempo stesso. Abbozzarne una definizione compiuta non è affatto operazione semplice, rischi di scivolare nella banalizzazione, d’inoltrarti presso intercapedini concettuali. L’occupazione, sempre degli stessi colleghi, anche su reti private, a volte presenti in più trasmissioni nel medesimo tempo, neanche fossero dotati del dono dell’ubiquità, non aiuta certo il pluralismo delle fonti. Il racconto, monocorde, stereotipato, non conosce variazioni al tema. Se ti attribuiscono originalità di pensiero, analisi diverse da quelle preventivamente fissate, concordate con gli autori, nessuno t’inviterà più. Dall’oggi al domani verrai relegato in un sinistro isolamento.

Siamo al Ministro della Verità di George Orwell, nell’immaginario Stato di Oceania. Ai dati camuffati, alla propaganda spacciata per dato reale, alla libertà negata. E’ informazione senza racconto quella al quale assistiamo; l’accumulo di notizie ha preso, insomma, il posto delle storie. E’ l’eterna dittatura del presente: tempo senza punti di riferimento, spazi bloccati. Nelle analisi di Reporter senza frontiere sarebbe interessante, di tanto in tanto, dibattere anche di questo.

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