Da Salvemini a Dorso, passando per Fiore e Leogrande, la ‘Questione Meridionale’ resta tale e quale. Tara civica di un Paese diviso sin dal suo atto di nascita. Economicamente slabbrato. Socialmente genuflesso. Culturalmente errante. Le crisi “dei” Sud vanno ricercate “nei” Sud
E’ sempre più a Sud l’Italia vista dal Sud. Un’enclave svampita nel Paese meravigliato senza più alcuna meraviglia. Conchiglia adagiata sul bagnasciuga delle questioni irrisolte al di là del tempo e delle sue scorribande. Emaciato per evidenti – e strutturali – deficit intellettuali. Prezzolato nel suo scanzonato servilismo. Economicamente slabbrato; socialmente genuflesso. Culturalmente errante. Non servono i rapporti Svimez a ricordarci come il Cono Sud di questo pezzo di Mediterraneo somigli sempre più ad un Corno Sud. Capovolto. Con la punta rivolta verso l’alto. Conficcata nel tessuto connettivo, nella carne viva di comunità impossibilitate ad emancipare se stesse. E riscattare popolazioni locali che fuggono, scappano via, emigrano per regalarsi una speranza (persi negli ultimi cinque anni un milione di abitanti!). E dare significato – e senso compiuto – alle scienze statistiche e al nostro surriscaldato inverno demografico. Più di un secolo e mezzo di Unità d’Italia non hanno scardinato e ricomposto, portato a sintesi, ricucito, divisioni che persistevano e continuano tuttora ad esistere.
La ‘Questione Meridionale’ è questione immarcescibile, castigo di Dio per il cafone all’inferno. Una sorta di tara civica della nostra storia contemporanea. Le analisi dei Salvemini e dei Dorso, quelle di Tommaso Fiore, di Alessandro Leogrande, il loro lamento antropologico, la lucida riflessione sociologica su ritardi di un’intera area del Paese, non trovano sbocchi nel buio a Mezzogiorno che allunga ombre e fraintendimenti. Nella autonomie differenziate che differenziano ancora di più, in maniera sbagliata ed esiziale, quanto differenziato lo è stato da sempre. Sin dal suo atto di nascita. Più che differenziarla, l’autonomia andrebbe rafforzata in uno schema federalista e non secessionista. Nell’inclusione dei forti senza dover fare ricorso all’esclusione dei deboli. Il Sud visto dal Sud è una plaga delle opportunità mancate. Perché le cause della crisi “dei” Sud vanno ricercate soprattutto “nei” Sud.