Tutte le classifiche, sulla qualità della vita nei centri urbani italiani, relegano Taranto agli ultimi posti. Difficile risalire la china con queste classi dirigenti. Senza visione, orfane di un progetto, brave soltante nella particolare arte del trasformismo politico
Andrebbero lette partendo dalla fine le classifiche sulla qualità della vita nei nostri centri urbani. Soltanto così Taranto potrebbe sperare di figurare ai primi posti, invece che raschiare il fondo del barile. Che sia uno studio redatto da “Il Sole 24 Ore” o da “Italia Oggi”, o da qualsiasi altro istituto di rivelazioni statistiche, cambia poco alla fine. Il giudizio (negativo) è unanime. Inflessibile. Perentorio. Indietro tutta sembra essere il nostro unico senso di marcia. Un percorso curvilineo l’eventuale rettilineo che si stagli dinanzi a noi. E’ come se, alle nostre latitudini, l’involuzione non voglia saperne di abbracciare l’evoluzione. Uno sconforto che fa il paio con la debolezza delle nostre classi dirigenti: prive di una visione, a digiuno di progettualità, maldestre nella gestione. Brave soltanto nella particolare arte dei trasformismi multipli e dei teatrini deprimenti da inscenare in Consiglio comunale. Tutta la vita inadeguata al ruolo. Difficile sperare in qualcosa di buono con questi chiari di luna. Proibitivo risalire la china.
L’Ilva che non dismette l’area a caldo, un suicidio collettivo per una fabbrica che insiste nella città, l’incendio dell’altra sera al Nastro Trasportatore che invita i cittadini del quartiere Tamburi a confinarsi nelle proprie case, tenendo chiuse le finestre, indicano come la bomba ambientale sia tutt’altro che disinnescata nella città dei due mari. Il nostro ‘The Day After’ non è mai cominciato. L’insana sanità pubblica che allunga la striscia negativa tra domanda e offerta di prestazioni, avvicinandoci di fatto sempre più verso i Paesi del Terzo Mondo. Il locale sistema dei trasporti lacunoso, indeterminato, precario. Antimoderno nel suo miope sviluppo strategico. Fallimentare nella scarsa considerazione nutrita verso la risorsa mare. L’offerta formativa da piccolo centro di montagna in luogo di una realtà urbana che vorrebbe atteggiarsi a capitale di un Mediterraneo plurale. Questi siamo. Cioè: non siamo. Carenti nei fondamentali. Per questo perdiamo il campionato e veniamo retrocessi nelle serie inferiori. Capovolgere le classifiche. Guardarle cominciando dalla fine. Rendere il sotto ciò che figura sopra. E sperare che, un giorno, gli ultimi possano diventare i primi. A suo modo un proposito politico-amministrativo nella città degli spropositi.