venerdì 18 Ottobre 24

La solitudine del riformista

Leggere Federico Caffè per tirare fuori dalle secche dell’immobilismo parolaio Taranto. Non considerare straordinario l’impegno ordinario. Il nostro scirocco rende umido il pensiero

La solitudine è una carezza non cercata sull’anima. Ti attraversa nonostante la confusione di popolo. L’agitarsi della moltitudine. Sono diverse le solitudini. Quasi polifoniche, se considerate tutte assieme. Federico Caffè parlava della solitudine del riformista. Di colui, cioè, che comprende prima – e meglio – ciò che potrà capitare dopo. Di chi intravede la linea dell’orizzonte nonostante una giornata di nebbia. Di chi non ha timore di specchiarsi dinanzi ai cordoli dell’avvenire. E persegue con metodo, senza scorciatoie rivoluzionarie, il bene comune. Quando rifletto su questa specifica solitudine il pensiero scivola, neanche tanto lentamente, verso Taranto. La mia città. Il luogo che gareggia con lo scirocco dello jonio che tutto umidifica e sgonfia di vigore. Idee madide di sudore le avrebbe chiamate Giosuè Carducci. E’ la solitudine delle soluzioni ordinarie a problemi straordinari. Quando, in realtà, servirebbe ben altro. Un’accelerazione commissariale dei Giochi del Mediterraneo. La risoluzione produttiva e ambientale dell’ex Ilva, con i drammi della modernità giunti da tempo al capolinea della ragione. L’impegno, magari, nel rendere il secondo capoluogo di provincia pugliese ‘Città Metropolitana’: datata battaglia ideale, dai più inascoltata, di questo giornale. La possibilità che, emulando l’esempio di Tel Aviv in Israele, le nanotecnologie e la ricerca universitaria di eccellenza si diano appuntamento a Taranto. L’Università jonica, intendiamo. E non corsi-appendice di altri atenei come si continua a proporre. Scelte riformiste per l’appunto. Non consuete. Per niente avvezze all’ovvietà. In grado di soverchiare con il coraggio della proposta la deriva dell’abitudine. La solitudine capita. Può essere persino ricercata delle volte. Sognata con l’approssimarsi del meriggio. Non rendiamola però un alibi per assecondare l’inerzia. Il dinamismo immobile. Si tratterebbe dell’inizio della fine. 

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