Siamo proprio sicuri che a Melucci non convenga l’arrivo di un commissario di nomina governativa? Che a sbrogliare la matassa, sempre più ingarbugliata dei Giochi del Mediterraneo, siano altri? Con Emiliano e Sannicandro sinora non ha toccato palla. CosmoPolis vi racconta in esclusiva cosa va prendendo forma dietro – e davanti – la manifestazione sportiva che si terrà a giugno del 2026
Niente è come sembra. Nella vita di tutti i giorni. Nelle diverse attività che ci vedono impegnati e coinvolti. Nei comportamenti che poniamo in essere. Una regola non scritta della politica stabilisce che la verità è qualcosa di diverso, addirittura di contrario, rispetto a quanto si è soliti affermare. Dico A perché si verifichi B. E viceversa. Vero. Verissimo. Si prendano i Giochi del Mediterraneo di Taranto. Le parole abbondano, i fatti latitano. E le rassicurazioni dispensate a destra e a manca altro non sono che l’ammissione di una difficoltà crescente. Di un disagio paralizzante. Il sindaco dice di non volere il commissariamento dei Giochi. Dice, per l’appunto. Ma è realmente quello che in cuor suo spera? Chi trarrebbe vantaggi dall’arrivo di un commissario (a Roma hanno già deciso in tal senso, va stabilito soltanto l’intervallo temporale per le comunicazioni ufficiali ai diretti interessati) è proprio il primo cittadino jonico. Per due ragioni fondamentali. La prima è facilmente desumibile. Per come si sono messe le cose, per i ritardi accumulati, il clima di odio alimentato in città da una politica molto permalosa e poco conciliante, l’evento che verrà celebrato nel 2026 più che un’opportunità si è andato trasformando sempre più in una patata bollente. Meglio starne lontani, trasferire ad altri l’ansia da prestazione, l’onere della prova. L’altra motivazione è di carattere più politico. Sinora a gestire i Giochi di Taranto sono stati il presidente Emiliano e l’ingegnere Sannicandro: coppia collaudata e sperimentata, resistente all’incedere del tempo (e non solo del tempo) sin da quando il primo faceva il sindaco di Bari e il secondo sedeva al suo fianco nella giunta della città adriatica. Hanno fatto – e deciso – tutto loro. Melucci non ha toccato praticamente palla. Inciso quasi niente, lo zero virgola zero a voler essere benevoli nei suoi confronti. Nell’articolazione dei ruoli attributi gli è toccato recitare la parte del padrone di casa che, alla fine, doveva chiedere il permesso anche per entrare in casa sua. Oltre la mera rappresentanza, insomma, il nulla cosmico. Con il Commissario, invece, potrebbe rientrare in partita. Far contare di più Palazzo di Città nelle scelte future, nonostante in tanti saranno portati a pensare che conterà di meno. Grazie anche ad un rapporto migliorato, di rispetto reciproco e galateo istituzionale, con il ministro Fitto. I due pare che si sentano spesso da qualche settimana a questa parte. E non solo per il destino che sembra prefigurarsi attorno ai Giochi. La riforma delle autonomie locali, con il possibile ritorno delle Province ad enti di primo livello, elette con voto popolare, imprime un insperato dinamismo all’asfittico quadro politico locale. Un’accelerata lenta. Si è portati a negare ciò che, seppur già deciso, diviene difficile poter spiegare. Dire A perché si verifichi B. E viceversa. Elementare Watson.