giovedì 21 Novembre 24

L’ambientalismo tarantino si è ristretto

Dopo i lavaggi populisti di questi anni, l’ecologismo jonico ha cambiato taglia. E’ piccolo. Silenzioso. Informe. Potere anch’esso, ormai, senza più alcun contropotere. Nel romanzo di Don DeLillo, “Rumore bianco”, il grande scrittore americano di origini italiane previde tutto

Che fine hanno fatto gli ambientalisti a Taranto? L’ambientalismo culturale e dalla matrice protestataria? L’ambientalismo moralistico e moralizzante? L’ambientalismo duro e puro? L’ambientalismo arcobaleno dai volti in bianco e nero? L’ecologismo fuori dal Palazzo che nel Palazzo voleva entrare? Quello votato alla decrescita felice così, per moda, per vezzo radical chic, senza aver mai letto una sola pagina vergata da Serge Latouche. La loro voce è andata progressivamente spegnendosi negli ultimi anni. Dalle urla del 2012 dopo i pronunciamenti della magistratura, dalle invettive veicolate per strada con megafoni esibiti neanche fossero elmetti di un’identità spartana da rinverdire, si è passati all’afonia. Al rumore bianco raccontatoci in uno splendido romanzo di qualche anno fa da Don DeLillo. “Perché alla fine tutto è collegato, o sembra solo che lo sia, o sembra che lo sia solo perché lo è”. Dileguarsi, sparire, abbandonare la scena è in effetti un modo per collegare tutto a tutto. E, nondimeno, al suo contrario: il niente. Scrive bene il grande scrittore americano, figlio di una famiglia molisana emigrata negli Stati Uniti: “Certi rumori hanno il privilegio di preparare il silenzio”. Di preannunciare il vuoto (e i vuoti) dopo orge parolaie. E trasformare la protesta non in proposta, ma in cooptazione.

L’allarme esiste e resiste, sono gli allarmisti ad aver gettato quasi del tutto la spugna. Ad aver cambiato mestiere, ad essersi imborghesiti. L’Ilva c’era prima e c’è anche adesso. L’inquinamento prodotto idem con patate. Le bonifiche non si realizzavano prima e si continua a non realizzarle. Raffineria e discariche tratteggiavano – e tratteggiano – lo skyline della città conferendole un’aura mortifera che stride con la sua bellezza mediterranea. Ci si ammala di terribili patologie al ritmo di “ieri, oggi, domani”. Tutto, insomma, è rimasto al proprio posto. Ma proprio tutto. Tutto, tranne la stragrande maggioranza dell’ambientalismo tarantino. Ritiratosi. Ritrattosi. Divenuto anch’esso potere, dopo anni passati a coltivare il sogno del contropotere. Bisogna pur poter vivere perché, come diceva Mario de Andrade, abbiamo due vite e “la seconda inizia quando ci rendiamo conto che ne abbiamo solo una”. Anche a Taranto. Soprattutto a Taranto.

 

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