giovedì 24 Aprile 25

MI MANIFESTO

Molte, troppe immagini elettorali, che imbrattano la città, pochissime idee. A vincere sono solo le tipografie. il monito di Byung-Chul Han sull’informazione ridotta a spiegazione mancante

Sotto i nomi poco altro. Accanto ai cognomi slogan abborracciati, scontati come certi sorrisi di circostanza. Al di là delle alleanze (elettorali), si staglia il nulla. Molti manifesti formato elefante, affissi sui muri della città, scritte che imbrattano senza segnare alcuna differenza, pochissime idee da veicolare per la Taranto che verrà. Alle molteplici tipografie non fa da contraltare alcun tipografo. Tanti contenitori, insomma: quasi sempre privi di contenuti. Ibridi. Smorti. Una sorta di epifania della modestia. La prosecuzione del carnevale, con maschere in luogo di volti.

Le prossime Amministrative si allungano, in scia, su quanto il filosofo sudcoreano Chul Han definisce essere il male dei nostri tempi. E cioè: l’informazione slegata dal racconto. L’informazione ridotta a spiegazione mancante. Quando il mondo può essere spiegato allora non può essere raccontato. Le passioni tristi colpiscono in maniera letale le stesse passioni manifeste, “manifesti”; annullano la speranza, minano l’eventuale dialettica tra diversi. Omologano tanto il possibile quanto il probabile. La riprova di questo meccanismo, di questo schema rovesciato, di questo specchio rotto che riflette immagini parziali, sgraziate, è rappresentato dall’espulsione di una parola, di un sostantivo, dal dibattito di queste settimane.

Nelle liste che vanno completate, nella campagna acquisti di questo o quel portatore di voti da tirare dalla propria parte, nei partiti trasformati in moderni questuanti, nelle strategie su come conseguire lo 0,1% di consenso, da contendere all’avversario (avversari) di turno, dove sono finiti i programmi? Le idee. I propositi. In una democrazia funzionante, partecipata, decidente, il progetto precede il consenso invece che inseguirlo. Parte dalle prime file più che rincorrere dalle retrovie. Segna il passo non ancora divenuto passato. Lo alimenta con l’arma della persuasione. Colpevole un’informazione che sa soltanto scimmiottare l’esistente, un’imprenditoria flaccida, inchiodata alla domanda di sempre, che cosa sta per me?, a corpi intermedi divenuti parte di qualcosa (e qualcuno), in tanti si candidano pur non candidando molto altro. Il vetro è il nemico del segreto. E allora mi manifesto. Riproduciamo noi stessi, dimenticando noi stessi. Le Amministrative di Taranto, una sorta di falò delle vanità. Si provi a contattare Tom Wolfe.

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