Taranto e la sua indolenza passionale. Taranto e i pupazzi con i quali fare il presepe. Taranto e i Fondi per lo Sviluppo e la Coesione. Ritratto di una città senz’anima: afona (nella dignità), polifonica (nella burla)
Manchiamo di pensiero, abbondiamo di parole. Passiamo dall’afonia (della dignità) alla polifonia (della burla) in una medesima frazione di tempo. Siamo tutto perché spesso ci restituiamo come niente. E’ negli interstizi che si celebra, consumando e consumandoci, la festa della nostra irrilevanza. L’inconsistenza di una Taranto bella e senz’anima. Appariscente in una notte di forte foschia. Vigorosa come certe anzianità premature. Mediterranea nella sua algida indifferenza. Passionale nell’indolenza senza età. La nostra politica è debole, sconclusionata, non pervenuta. La nostra economia è ruffiana, assistita, piagnucolosa. Il nostro sistema dell’informazione è volato a miglior vita nei decenni passati. Il nostro calcio è stato preso a calci nel sedere da chi, invece, avrebbe dovuto nobilitarlo e sospingerlo in rete. Come si usa fare con la palla calciata perché il talento, e la traiettoria, non debbano mai venire a patti tra di loro. Il nostro futuro viene sovente confuso con il passato geneticamente modificato. Una sorta di ieri che tende all’avantieri piuttosto che al domani. Queste sono le premesse, l’analisi di fondo che preannuncia la sintesi. Questi sono i pupazzi, come disse in una seduta del Consiglio comunale del secolo scorso Filippo Di Lorenzo, e con questi dobbiamo fare il presepe.
Dai Fondi per lo Sviluppo e la Coesione sono spariti alcuni interventi che si sperava potessero essere finanziati. Il completamento dei lavori di Palazzo Galeota e Delli Ponti, la realizzazione della Biennale del Mediterraneo. Infrastrutture materiali che definiscono una comunità e riconsiderano la cifra identitaria di un popolo. Infrastrutture culturali in grado di accelerare processi di saldatura tra passato (calpestato) e futuro (incerto). Ma di sole speranze non si può vivere quando manca tutto il resto. Quando il quadro è carente; e i soggetti che dovrebbero popolarlo si fa fatica ad identificarli. Quando il tempo sconfina – e si riduce – in uno spazio virtuale. Nelle chiacchiere da bar. Nelle pratiche trasformistiche di un potere nudo che non sa arrossire ma fa molto arrossire. Per Taranto, per questa Taranto sedotta e abbandonata vale la massima di Voltaire ne L’uomo dai quaranta scudi: “Due o più povertà messe insieme rendono onesta la mediocrità”.