venerdì 18 Ottobre 24

Un Turco (poco) Signorile

Taranto ha contato realmente negli organigrammi istituzionali del Paese solo in due circostanze. Con il socialista, Signorile; con il pentastellato, Turco. Il primo ebbe intuizioni interessanti, non sempre concretamente perseguite. Il secondo, invece, ha saputo coltivare la lentezza dello sguardo. E l’inconsistenza dei risultati annunciati. Siamo stati, e restiamo, periferia dell’impero

Politicamente abbiamo contato sempre molto poco, quasi niente. Nella storia repubblicana del Paese, Taranto è stata – e continua ad essere – un inganno. Un artificio geografico e semantico. L’esemplificazione dell’inconsistenza in grado di replicare se stessa. Con fare irritante, con solerzia irritata. Potenzialmente una delle città più importanti della Penisola, nei fatti periferia imperitura dell’impero. Landa dagli equivoci mai risolti. Analisi prolungata, e stantia, di una sintesi tesa a dileguarsi nel tempo e nello spazio. In circa ottant’anni di storia patria, soltanto in due occasioni abbiamo espresso posizioni di vertici negli organigrammi di governo. Con il socialista Signorile, a metà degli anni ’80 del secolo scorso. Più di recente, invece, con il pentastellato senatore Turco. Il primo fu più volte ministro (del Mezzogiorno, dei Trasporti); il secondo ha ricoperto il ruolo di sottosegretario alla Presidenza del Consiglio. Signorile veniva dopo Craxi nel Psi, essendo stato a lungo vicesegretario nazionale del garofano. Turco è uno dei più fidati collaboratori di Giuseppe Conte, nonché vicecoordinatore nazionale del Movimento Cinque Stelle. Le similitudini tra i due finiscono qui. Replicarle oltre non si può. Troppo diverse biografie personali e contesti storici di riferimento.

Il leader della sinistra ferroviaria (copyright di Rino Formica) ebbe alcune intuizioni, non sempre concretamente perseguite, sull’accezione mediterranea di Taranto. Su un meridionalismo che dovesse divenire direttrice delle ferrovie Sud-Est. Sulla portualità, vero snodo storico per una città che volesse lambire e avvicinarsi agli antichi fasti magnogreci. Il dottore commercialista a cinque stelle, invece, oltre i proclami non è saputo andare. Sotto l’arte dell’annuncio, i suoi of course, per quanto si sia scavato a lungo non è stato trovato nulla. Del Cis, il Contratto istituzionale di sviluppo, milioni e milioni di euro che avrebbero disegnato il nuovo Rinascimento tarantino, si sono perse le tracce. Neanche se si andasse ad una puntata di “Chi l’ha visto?”, con una Federica Sciarelli in stato di grazia, ne verremmo a capo. Scoveremmo dove si nasconde chi è scomparso inopinatamente da anni. Sull’Ilva, meglio lasciar perdere. Erano i grillini o sbaglio, i suoi compagni di movimento, che dicevano di voler trasformare la fabbrica dei veleni in un parco giochi per bambini? Che votati al populismo, il virus letale per le nostre democrazie, mentivano sapendo di mentire.

Nel Consiglio comunale di Taranto, “i giovani turco” hanno abbandonato il senatore Turco preferendogli il sindaco Melucci e il consigliere del principe, Carrieri. Vuoi mettere “Io c’entro” con il M5S, l’Ulivo de noantri con quel che resta dell’ideologia dell’uno vale uno? Nel contare meno di quanto avrebbe meritato, Taranto resta fedele a se stessa. Non smette di coltivare la lentezza dello sguardo. Allan Bloom avrebbe chiamato questo stato di cose  “La chiusura della mente progressista”. Che progressista non è più, ormai, da diverso tempo. Un Turco Signorile: gentile nei modi, un vero disastro su tutto il resto.

 

 

 

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