I dati forniti da Missing migrants indicano in 499 i migranti che hanno perso la vita sulle rotte del Mediterraneo nei primi tre mesi dell’anno. Un grande cimitero galleggiante mette a nudo l’inadeguatezza dell’Europa, e le ipocrite dispute ideologiche italiane, attorno al tema. Anche questa è una guerra
I dati sono agghiaccianti. Di quelli che non ammettono repliche. La ricerca di possibili scusanti è vana. La fotografia scattata da Missing migrants testimonia cosa sia divenuto il Mediterraneo nell’ultimo quarto di secolo. Un grande cimitero galleggiante. Oltre 100 mila i migranti che hanno perso la vita sulle rotte del Mare Nostrum: il più pericoloso del mondo. L’unico fazzoletto di acqua, un oceano-lago come spesso è stato ribattezzato, dove i dispersi, alla fine, sono più dei morti. Da inizio 2023, nel primo trimestre, risultano essere 499 i migranti che hanno già perso la vita per inseguire il sogno di una vita migliore. Una guerra anch’essa, al pari di quella in atto in Ucraina e nei diversi fronti caldi del pianeta, combattuta in modo differente. Con mezzi altri. Attraverso la speranza che sconfina cozzando con la realtà. L’Europa guarda in silenzio. L’Italia guarda litigando ipocritamente attorno a ideologie ormai desuete. L’inverno demografico avanza anche per colpa di un’insensata gestione del fenomeno migratorio in tutti questi anni. Siamo incapaci d’intercettare lo spirito del tempo, ciò che Hegel chiamava “l’intelligente lettura dell’esistente”. Il Mediterraneo limes tra la vita e la morte sconfessa se stesso, esclude e non include. Divide senza unire. Divenendo così una negletta cerniera del disdicevole.