giovedì 4 Luglio 24

Il 42% delle donne italiane non cerca più lavoro

Alla data del 29 febbraio 2024 sono 7.794 le donne italiane considerate inattive, cioè fuori del tutto dalla forza lavoro: quasi il doppio della rispettiva classe maschile

7.794.

Sono le donne italiane, di età compresa tra 15 e 64 anni, che risultano inattive alla data di febbraio 2024: a renderlo noto, questa mattina, i dati forniti dall’Istat.

Ma cosa vuol dire inattivo? Semplicemente, che non fa parte della forza lavoro ovvero che non è occupato nè disoccupato.

Si possono, ad esempio, considerare inattivi coloro che non hanno mai lavorato e hanno smesso di cercare attivamente un’occupazione.

In particolare, per essere definito tale, l’inattivo non deve essersi messo alla ricerca del lavoro nelle quattro settimane che precedono la rilevazione e non aver intenzione di cercarla neanche nelle due settimane successive.

Il confronto con l’altra metà del cielo è impari: il tasso di inattività femminile nel nostro Paese è del 42%, quello maschile del 24%.

Retaggi culturali travestiti da libera scelta o difficoltà maggiori nel barcamenarsi tra tutto ciò di cui la società, oltre la patina della parità di genere, fa carico alla parte femminile della popolazione? Probabilmente entrambe le risposte: del resto, i retaggi culturali permeano ancora in profondità il nostro tessuto sociale, con buona pace delle campagne di sensibilizzazione e di chi concentra la propria attenzione su aspetti marginali come la femminilizzazione della lingua italiana.

La vera lotta per la parità di genere si consuma qui, tra questi dati asciutti e impietosi che mostrano il fallimento di un’epoca che vuole atteggiarsi ad evoluta senz<a esserlo davvero.

È più facile, quindi, trovare una donna che non lavora e non cerca occupazione di un uomo inattivo: aggiungeremmo, è socialmente più accettabile che sia la donna a starsene a casa rispetto all’uomo.

Anche i dati relativi all’occupazione sono piuttosto esemplificativi: il 52,8% delle donne italiane lavora, contro il 70,9% degli uomini.

Il dato positivo è che per entrambi i sessi si configura un aumento dell’occupazione e una diminuzione della disoccupazione e dell’inattività su base annua: ma si tratta di variazioni inferiori all’1%, piuttosto minime quindi.

Certo, i primi passi verso una parità effettiva sono stati compiuti: ma la vera battaglia, oltre alle politiche di genere, deve essere compiuta all’interno delle nostre teste.

Finchè infatti, non desterà scalpore una simile sproporzione tra i tassi di inattività maschile e femminile non potremo dirci fuori dagli stereotipi di genere.

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