sabato 19 Aprile 25

Fuggiano: “Una classe dirigente giovane e preparata, questa la vera priorità del Paese”

Intervista al responsabile nazionale “commercio” dell’Udc. “Taranto ha mostrato un dinamismo culturale inconsueto con la nascità di nuove associazioni di categoria. L’Amministrazione Melucci? Con il trasformismo non si può governare una città grande e complessa come quella jonica”

Salvatore Fuggiano, lei è da qualche mese il responsabile nazionale del comparto commercio per l’Udc. I dati sull’economia italiana, elaborati dal centro studi di Banca d’Italia, non lasciano presagire nulla di buono per il prossimo futuro.

“Purtroppo la nostra crescita continua ad essere ancora troppo bassa, non strutturata, esposta ai venti capricciosi dei fenomeni congiunturali. Secondo Unioncamere, nei primi cinque mesi dell’anno, sono andati perduti 111 mila posti di lavoro tra le sole attività commerciali. Un vero disastro. Processi da vera e propria desertificazione produttiva. Numeri preoccupanti attorno ai quali il Paese dovrebbe avviare al più presto una riflessione pubblica”.

I dati riferibili al Prodotto interno lordo divengono ancora più labili e penalizzanti se riferiti alla Regioni del Mezzogiorno.

“Quando il Paese arretra, il Sud soffre di più in termini percentuali. Si tratta di una verità incontrovertibile che ci trasciniamo, senza soluzione di continuità, dall’Unità d’Italia in poi”.

Chiamasi tutto ciò “Questione meridionale”.

“La questione meridionale è, prima di tutto, questione di quale classe dirigente riusciamo a selezionare. Serve più qualità e un reale proposito di svecchiamento. E, invece, vediamo essere promossi nei ruoli chiave coloro che manifestano l’arte dell’ubbidienza. Della fedeltà acritica. Che poi, se ci facciamo caso, gira e rigira sono sempre gli stessi. Siamo un Paese gerontocratico nel senso più deleterio dell’espressione”.

Innamorati dello sviluppo industriale che, in molti casi è alle corde, abbiamo smarrito le nostre vocazioni agro-alimentari. Con il risultato di essere superati su questi specifici temi, nell’area mediterranea, da Paesi come la Spagna e la Grecia.   

“Lei tocca un tasto dolente che spiega molto della nostra miopia e del nostro arretramento finanziario. Il comparto agricolo rappresenta una grande opportunità di rilancio economico. E, in egual misura, di ridefinizione di un’identità produttiva colpevolmente smarrita da almeno mezzo secolo a questa parte. Il nostro olio, il nostro vino, i nostri agrumeti segnano l’eccellenza italiana nel mediterraneo. Si riparta, cosi come ci chiede l’Europa attraverso le politiche agricole comunitarie, da un giusto equilibrio tra settori diversi di un identico modello economico”.

Taranto, con le tante crisi industriali che l’attraversano, è cartina di tornasole di questa fase di passaggio tra vecchio e nuovo. Di modelli economici che sembrano superati nonostante le novità tardino a palesarsi.

“Negli ultimi mesi, il capoluogo jonico, ha manifestato un dinamismo culturale e produttivo che considero molto interessante. Penso, per esempio, ad Aigi: l’associazione che raggruppa le imprese dell’indotto Ilva. Quando si fa riferimento ad una nuova classe dirigente da ricercare, giovane e preparata, il pensiero corre veloce a questi esempi virtuosi”.

Qual è il suo giudizio sull’Amministrazione Melucci?

“Con il trasformismo, con i continui cambi di casacca, diventa difficile governare una città grande e complessa come Taranto. Peccato. Si poteva fare molto; e, invece, ho la netta sensazione che si tiri a campare…”.

Cosa pensa dell’autonomia differenziata?

“Non ritengo sia la priorità politica per il Paese. Nutro molte perplessità. Destra e sinistra, su quale debba essere il giusto equilibrio tra poteri centrali e prerogative locali, hanno commesso più di qualche errore in tutti questi anni. Le riforme non devono diventare esercizio retorico, ideologico, delle maggioranze che di volta in volta si alternano nella stanza dei bottoni”.

L’Udc auspica la nascita di un centro che conti di più in termini elettorali. Le ultime elezioni, invece, sembrano definire uno schema sempre più bipolare.

“Diamo al centro una diversa accezione, non riduciamolo a mero spazio politico. Rendiamolo, invece, una prassi di governo, una cultura politica incentrata sul moderatismo. Il centro terzo includente, insomma, e non incluso. Se queste dovessero essere le premesse, cosi come chiede il nostro segretario nazionale Cesa, ci sarà vita per il centro. E possibilità di crescita ulteriore per l’Udc”.

 

 

 

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