D’Attis, Marti, Melucci. I tre diversamente destri si sono dati appuntamento, questa sera, per una cena a lume di candela in quel di Roma. Così riferiscono nostre fonti. Parleranno delle zeppole di San Giuseppe? Di Taranto ormai retta da un sindaco di centrodestra? Di una Provincia ostaggio dei franchi tiratori? La differenza tra fascismo e comunismo operata da Camus
Appuntamento serale, in un ristorante capitolino, nella giornata che festeggia i papà. Una cena amichevole, consumata a parlare di politica. Con Taranto che, tra carciofi rigorosamente alla romana, baccalà fritto in pastella, a far capolino nei ragionamenti dei tre commensali. Nei pensieri a digiuno di calorie. I parlamentari D’Attis e Marti, il sindaco della seconda città pugliese. Il primo di Forza Italia, il secondo della Lega, il terzo non l’abbiamo ancora capito. Un incontro tra diversamente destri, espressione che suona meno male di sinistri: suo equivalente accomodato dall’altra parte dello schieramento. Della tavolata, pardon. Il voto dell’altro ieri in Provincia, gli equilibri politici precari a Palazzo di Città, appesi ad un abate senza monastero, la possibilità di costruirsi un futuro al di là dell’impegno pubblico. L’orizzonte pantagruelico di Melucci non esclude nulla, per questo il cibo da ordinare andrà scelto con cura. Scorrendo attentamente il menu. Primo, secondo, frutta e dessert da servire su una tavolata apparecchiata dal centrodestra. Su un equilibrio che prepari il ribaltone politico avendolo già, nei fatti, sperimentato. Nel voto franco tiratore visto all’opera in Provincia, nei comportamenti dalla dubbia linearità politica posti in essere nel Consiglio comunale.
Il sindaco di Taranto, oggi, più che civico è un sindaco che sta dall’altra parte rispetto a quanti lo hanno votato. Con gli sconfitti delle scorse elezioni amministrative. Con la destra. Con l’area di governo riconducibile al primo ministro Meloni. La cena di questa sera a Roma puntellerà questo schema, suggellerà nuovi innamoramenti, certificherà la definitiva dissolvenza di vecchi sodalizi. A proposito di fascismo e comunismo, totalitarismi ambedue usciti sconfitti dalla storia, Camus era solito operare la seguente differenza. “Il fascismo presenta l’esaltazione dei carnefici da parte del carnefice stesso. Il comunismo, invece, è l’esaltazione del carnefice da parte delle sue vittime”. Molto meglio una cena urbi et orbi, alla fine.