giovedì 21 Novembre 24

L’uomo del fare

Melucci sta sbagliando tutto, ha dilapidato un patrimonio politico in appena undici mesi, nonostante l’inconsistenza del centrodestra tarantino. Si è perdutamente innamorato del potere, dei suoi inganni mutevoli, e riposto in soffitta il progetto. Peccato, Taranto ha sbagliato ancora una volta

Sono passati solo undici mesi dall’avvio della seconda legislatura, ma sembra già un’eternità. Nonostante il centrodestra continui a marcare visita, di fatto è come se non esistesse nella città di Taranto pur avendo potenzialmente più voti dello schieramento avversario, Melucci annaspa. Perde forza con il passare dei giorni. S’indebolisce come le foglie d’autunno sugli alberi. Dilapida senza molti fronzoli un capitale politico – e un discreto consenso personale, acquisito negli anni più per demerito degli altri che per meriti propri – ad una velocità talmente sostenuta da mandare in tilt gli autovelox piazzati agli angoli delle istituzioni. La nuova religione civile, o ideologia secolarizzata, ormai di moda a Palazzo di Città chiamasi dilettantismo. Una sorta di superficialità urticante, di linguaggio privo di segni, di tragedia greca inscenata al bar dello sport dei chiacchiericci pomeridiani. Melucci difetta in strategia, è digiuno nella gestione della complessità, confonde i tempi e le modalità delle funzioni pubbliche con isteriche rivendicazioni privatistiche. L’uomo del fare, formula rinverdita dal berlusconismo alle prime armi, rappresentazione plastica di chi mostrava nel salotto di Arcore libri incellofanati che mai sarebbero stati letti, tradisce in realtà l’assenza d’idee e progetti spendibili per il futuro. Confonde il decisionismo, la leadership persuasiva con i pieni poteri che stridono e mal s’intersecano nei meccanismi funzionanti di una democrazia assembleare. Chi antepone la propria inclinazione umorale al ragionamento, gli strappi repentini alla mediazione estenuante, la demolizione coatta al compromesso possibile, e confonde la critica costruttiva per un attacco al proprio fortino delle certezze vacillanti, deve cambiare mestiere. Occuparsi di altro, perché è semplicemente inadatto alla politica e alle sue liturgie laiche. Le maggioranze consiliari travalicano la mera legge dei numeri, sono organismi che necessitano di ascolto e autorevolezza per poter reggere la prova del governo. E la complessità socio-amministrativa di una città come Taranto, emblema dei ritardi culturali del Mezzogiorno, richiederebbe ben altra tempra comportamentale e suggestioni intellettuali. Sospesa com’è a metà, in posizione pericolante, tra gli appetiti degli amici, e degli amici degli amici, e i sogni senza affanni dei costruttori del domani. Per Melucci, invece, il potere conta ormai più del progetto, le confraternite ossequianti si prediligono agli estensori dei giudizi indipendenti. Stellato è interscambiabile con Turco, il Pd con Italia Viva. Della serie: con Franza o con Spagna purché se magna. Non ci si lasci trarre in inganno: non c’è carattere, buono o brutto che sia, quando i caratteri sono problematici. Sartre disse a proposito di Camus: “Era uno di quei rari uomini di fronte ai quali si può tranquillamente attendere, perché scelgono con lentezza e rimangono fedeli alle loro scelte”. Chi vi ricorda?  

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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