Marescotti (PeaceLink): “Chi vuole continuare a produrre acciaio in queste condizioni continua a violare i diritti umani e a considerare Taranto zona di sacrificio”
Si svolgerà questa mattina, sotto la Prefettura di Taranto, il presidio del Coordinamento cittadino per protestare contro il decreto sull’ex Ilva approvato dal Cdm lo scorso 28 dicembre; successivamente, il Coordinamento chiederà un incontro con il Prefetto di Taranto a cui sarà consegnato un documento indirizzato al Governo Meloni.
“In questo documento – spiega Alessandro Marescotti, presidente di PeaceLink, una delle associazioni che aderiscono al Coordinamento – ribadiamo di:
1) considerare positivamente la Sentenza di Ambiente Svenduto che prevede la confisca degli impianti inquinanti e quindi il loro fermo;
2) ritenere che non si possa procedere alla nazionalizzazione degli impianti perché sono attualmente sotto sequestro in quanto pericolosi per la salute e l’ambiente;
3) sostenere la nuova inchiesta della magistratura che contesta l’efficacia della messa a norma degli impianti;
4) contestare lo scudo penale e il relativo decreto salva Ilva che serve a bloccare la magistratura;
5) considerare importanti le 4 valutazioni preventive del danno sanitario relative agli impianti ILVA in quanto tutte forniscono “rischio sanitario inaccettabile” e pertanto sottolineiamo che non ha senso richiedere o attendere valutazioni predittive che sono state già effettuate e che indicano la persistenza anche per il futuro, anche con prescrizioni AIA attuate, di conseguenze inaccettabili per la salute;
6) considerare pericoloso un eventuale rigassificatore perché già in passato la VIA lo ha considerato incompatibile con un’area industriale ad alto rischio di incidente rilevante;
7) sostenere la necessità di usare il fondo europeo per la transizione ecologica JTF per salvare Taranto e riconvertire i lavoratori ILVA; tale fondo è stato istituito dalla Commissione Europea proprio per investire in settori diversi rispetto all’Ilva; quella è la strada, tutte le altre sono solo tentativi fallimentari; lo dimostra l’esperienza fin qui condotta con vari esperimenti di salvataggio e rilancio, uno peggiore dell’altro”.
Tra le conclusioni a cui giunge il documento redatto dal Coordinamento c’è quella di “ritenere che il futuro di Taranto debba partire dall’osservanza scrupolosa della sentenza della magistratura (sequestro e confisca di impianti non compatibili con la salute pubblica) e dall’attivazione di alternative con il consistente fondo europeo della transizione giusta già stanziato (oltre 700 milioni di euro di JTF) nell’interesse dei lavoratori che vanno riconvertiti e riqualificati (il JTF lo prevede esplicitamente) e resi protagonisti di altre attività economiche e professionali orientate alla transizione ecologica. Lo stabilimento ha ingoiato enormi risorse senza garantire l’occupazione ma rendendola sempre più precaria“.
“Inoltre – continua Marescotti – riteniamo inaccettabile la proposizione di un modello di produzione definito “green” da realizzarsi tra molti anni, lasciando consapevolmente e colpevolmente per molti anni esposti agli inquinanti la popolazione ed i bambini e gli operai (con conseguenze considerate inaccettabili dalla scienza), prolungando ulteriormente un calvario sanitario che la magistratura ha cercato in tutti i modi di fermare applicando la legge. La CEDU ha condannato l’Italia per violazione dei diritti umani e l’ONU considera Taranto “zona di sacrificio”.
Per questi motivi il Coordinamento cittadino di Taranto considera grave la posizione politica di “chiunque sull’ILVA faccia o auspichi scelte contro l’evidenza scientifica e contro l’autonomia della magistratura. Chi vuole continuare a produrre in queste condizioni non sta dalla parte della magistratura e non considera le evidenze scientifiche su cui la magistratura agisce, quindi non sta dalla nostra parte. Chi vuole continuare così è sempre più complice della “zona di sacrificio” e della violazione dei diritti umani stigmatizzata dall’ONU e dalla Corte Europea dei Diritti Umani. Va detto stop al calvario sanitario di Taranto. Il 2023 deve essere l’ultimo anno di funzionamento di impianti che per la scienza producono un danno sanitario inaccettabile sia a 8, sia a 6 e sia a 4,7 milioni di tonnellate annue di acciaio. E che – secondo la Valutazione predittiva del danno sanitario realizzata nel 2021 dall’OMS – provocherebbero dalle 50 alle 80 morti premature evitabili nei dieci anni successivi all’attuazione delle prescrizioni del piano ambientale”.
Di seguito le associazioni che fanno parte del Coordinamento Taranto:
– Art. 32 Diritto alla Salute Statte
– Comitato 12 Giugno per le vittime del lavoro di Taranto
– Comitato Circoscrizionale di quartiere
– Comitato di quartiere Tamburi
– Comitato Qualità della Vita
– Comitato territoriale Arcigay Taranto
– Coord. pazienti e famiglie della Struttura complessa di ematologia dell’Ospedale San Giuseppe Moscati di Taranto
– Coord. Taranto Pride
– Donne e futuro per Taranto libera
– Genitori Tarantini
– Giustizia per Taranto
– Hermes Academy
– La Casa delle donne Taranto
– Libera – Associazioni, nomi e numeri contro le mafie
– LiberiAmo Taranto
– LMO Lavoratori Metalmeccanici Organizzati
– Lovely Taranto
– Masseria Carmine
– PeaceLink
– Pittaggio del Baglio A.p.s.
– Plasticaqquà Taranto A.p.s.
– Tamburi combattenti
– Taranto Lider
– Taranto Respira
– WWF Taranto
Adesioni:
– Comitato studentesco Liceo Galileo Ferraris – Quinto Ennio
– Rosa D’Amato (europarlamentare)
– Luciano Manna (VeraLeaks)
– Progentes A.p.s. E.T.S.
Hanno dato la loro solidarietà con un videomessaggio:
– Anna Ferruzzo – attrice
– Giuseppe Giusto – regista
– Roberto Lando de “Il cozzaro channel”
– Massimo Werthmuller – attore
Hanno partecipato anche:
– Saverio De Florio
– Max Perrini
– Anna Svelto
La politica che sostiene il Coordinamento:
Europa Verde
FGC Taranto
Una strada diversa
“Il Coordinamento – sottolinea infine Marescotti – è inclusivo e aperto a nuove adesioni”.