di Francesca Leoci
L’avidità delle case farmaceutiche e la salute pubblica allo sbando: quando i medicinali preferiscono riempire le tasche dei Big
Nel contesto post-pandemico, le farmacie hanno iniziato a riscontrare una persistente carenza di medicinali essenziali, inclusi semplici antistaminici. Farmaci considerati prioritari, fondamentali per affrontare una vasta gamma di condizioni mediche e garantire cure efficaci e accessibili a livello globale. Tuttavia, il basso costo di questi prodotti non si traduce in profitto per le case farmaceutiche, che negli ultimi anni hanno ridotto drasticamente la loro disponibilità, prediligendo farmaci più redditizi. Questa tendenza mette chiaramente in luce come le Big della farmaceutica pongano i guadagni al di sopra della salute pubblica, compromettendo l’accesso a trattamenti essenziali.
Il primo obiettivo di una casa farmaceutica è quello di produrre profitti; produrre medicinali che aiutano realmente la vita delle persone è un obiettivo secondario. Partiamo dal fatto che gli enti regolatori, come la Fda e i suoi equivalenti europei, non agiscono primariamente a tutela dei consumatori, ma piuttosto per proteggere le case farmaceutiche dai loro stessi clienti.
Lo scopo è quello di mantenere un alto livello di qualità che garantisca la fiducia del mercato, evitando situazioni estreme come “genocidi di massa” causati dall’inefficacia di un determinato prodotto. Se una casa farmaceutica riesce a presentare un nuovo farmaco come benefico, anche quando non lo è, ha via libera per operare indisturbata.
In questo contesto, emerge inoltre un fenomeno che in inglese viene chiamato disease mongering, ovvero “mercificazione della malattia”, dove le aziende farmaceutiche gonfiano la gravità di condizioni comuni o inventano nuove malattie per vendere più farmaci. In questo modo molte persone si convincono che normali aspetti della vita, come l’invecchiamento o il sentirsi tristi di tanto in tanto, richiedano trattamenti farmacologici, incrementando così le vendite.
Nel tempo sono stati messi a punto meccanismi di ricerca e sviluppo orientati verso i farmaci che le case farmaceutiche desiderano e che promettono maggiori profitti, a discapito di ciò che potrebbe essere realmente vantaggioso per il paziente. I prodotti su cui nessuno può farci soldi, d’altra parte, vengono semplicemente ignorati. Una dinamica, questa, che si verifica anche quando esistono già sul mercato soluzioni efficaci e a basso costo, ma si opta per nuovi farmaci brevettati, nonostante i maggiori rischi associati, per garantire un alto ritorno finanziario.
In poche parole, le case farmaceutiche si affidano a studi clinici progettati per esaltare i benefici dei nuovi prodotti, minimizzando gli effetti collaterali, al fine di ottenerne l’approvazione. I danni a lungo termine, purtroppo, emergono solo quando è troppo tardi per intervenire.
Anteporre la foga di guadagno, e quindi di potere sulla povera plebe, porta ad una serie di effetti negativi e di gran lunga rischiosi. La mancanza di farmaci essenziali sul mercato, infatti, può compromettere il trattamento di condizioni mediche, costringendo i pazienti a cambiare terapia, con il rischio di inefficacia e nuovi effetti collaterali. Da non trascurare, ovviamente, il fattore economico: le case farmaceutiche non introdurrebbero mai un nuovo prodotto se questo non giovasse alle loro tasche.