giovedì 13 Marzo 25

Il dramma di Capodanno: quando la festa non diverte più

Bollettino da guerra: numerosi i feriti, ambiente compromesso. Elevato lo scotto pagato tra il 31 dicembre e l’1 gennaio. Forse è giunto il tempo di fermarsi, tra autoregolazione e misure drastiche

Difficile pensare che gli avvenimenti che sconvolgono il nostro pianeta possano incidere sugli animi di ciascuno. La guerra in Ucraina così come le drammatiche immagini restituite dai bombardamenti a Gaza, forse avrebbero comportato che l’emisfero in “pace” conducesse il carro dei festeggiamenti in modi sobri, consapevoli. 

Per “altro” non si intende ovviamente solo un luogo fisico, una geografia avulsa dai nostri contesti familiari, ma attende lo smarrimento nelle case della discordia o della disperazione o del lutto. Con la vita abbiamo un debito di gratitudine naturalmente, che va saldato in termini di tentativi di godimento del quotidiano. Ma la visione grandangolare ci consente di restituirci sapiens evoluti, la cui sensibilità è riconoscere l’altro come essere vivente e dunque portatore di diritti naturali.

La premessa è d’obbligo considerata la caduta vertiginosa assunta dai comportamenti rilevati in molti quartieri cittadini nella notte tra il 31 dicembre e l’1 gennaio. Una vera e propria pioggia di fuoco che poco o nulla ha a che fare con la convivialità. Il Capodanno è divenuto oramai una iattura. In barba a qualsiasi considerazione che non sia “tutto è lecito“, si strumentalizza un evento che vede l’esposizione più carnale e primitiva delle passioni e delle miserie personali. Le immagini che in modo endemico hanno rimbalzato sul web ritraggono una città assediata, ostaggio di follia e dissennatezza. In alcune vie fuochi e petardi piazzati come mine, la cui esplosione ha determinato l’ilarità degli astanti. Una nebbia asfissiante ha invaso le strade costringendo di fatto i “dissidenti” a barricarsi nelle proprie abitazioni, predati da un’autoesaltazione collettiva. A nulla sono valse le raccomandazioni accorate, gli interventi da parte delle Forze dell’ordine impegnate nel sequestrare materiale esplodente pericoloso, nè l’ordinanza del sindaco di Taranto con la quale si è vietato l’utilizzo e la vendita di “petardi, botti e artifici non conformi alla normativa”. Perchè la questione è essenzialmente questa. Scoppiare petardi è legale, se si rispettano alcune precauzioni previste dalla legge. Eppure alcune doverose considerazioni vanno fatte.

La prima imprescindibile attiene il bollettino post sbronza. Solo lo scorso 27 dicembre un ragazzino di 13 anni, nel Tarantino ha dovuto subire l’amputazione del pollice della mano sinistra e due dita della mano destra per l’improvvisa esplosione di un petardo artigianale che aveva acquistato poco prima. Ma il bilancio quest’oggi si fa più grave. A Foggia è stata amputata la mano ad un 17enne, un 47enne di San Severo invece ha perso 4 dita. Mentre si registrano decine di feriti in Puglia come nel resto del Paese.

In tutto 60 gli interventi dei vigili del fuoco nella nostra regione (numeri tra i più elevati dello Stivale).

In base ai dati ufficiali del Dipartimento di Pubblica Sicurezza, rilanciati dal Corriere della Sera, “dal 2012 ad oggi in Italia, ci sono stati 6 morti e 3.220 feriti gravi a causa di petardi e fuochi d’artificio in occasione del Capodanno”. Un calcolo scomputato dell’ultimo resoconto. Oltre al prezzo in termini di vite ne esiste anche un altro di carattere ambientale. “Durante l’anno i fuochi d’artificio infatti sono responsabili del 6% di Pm10 (polveri sottili)” prodotto. Mentre è esorbitante la quantità di rifiuti abbandonati per le strade  che impongono interventi straordinari da parte degli operatori ecologici.


A subire le maggiori conseguenze oltre ai bambini sono gli animali. Si stima infatti che “circa cinquemila, tra domestici e selvatici, perdano la vita tra cause dirette e indirette riconducibili a petardi e materiali esplosivi”.

Riflessioni queste che non possono essere derubricate e che forse impongono misure drastiche non più ascrivibili ad un “fai da te” approssimativo, nè ad azioni blande, o peggio ibride e generalizzate. Occorre forse stabilire convenzioni ad hoc tra le aziende produttrici e i Comuni che regolino l’utilizzo di materiali pirotecnici, che ne circoscrivino i confini, in certi luoghi, inibendone l’uso a privati cittadini, tanto più a giovanissimi. Ed infine si ponderino i contraccolpi in termini ambientali. Quale e quanto inquinamento si determinerà? Quali i rischi per gli animali?

Le campagne di sensibilizzazione è chiaro non bastano, i più risultano sordi alle raccomandazioni, agli avvertimenti. Dunque forse servono le leggi, gli imperativi giuridici. Affidarci al buon senso individuale è un esercizio oramai ridondante. Ma ci auguriamo, non del tutto vano. Nutriamo la speranza che la cultura della legalità, nel senso più pieno di educazione ai valori, costituisca una lezione che può ancora essere appresa, e che deve dunque essere veicolata. E’ li che ritroviamo il senso della comunità, della condivisione autentica, recuperiamo in sostanza la nostra umanità, smarrita nel delirio di una notte. Riprendendo le parole del capo dello Stato nel suo discorso di fine anno “l’amore, quello vero, è ben più che rispetto: è dono, gratuità, sensibilità”, perchè “la guerra (ogni genere di guerra ndr) è frutto del rifiuto di riconoscersi”. 

 

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