Presentato nei giorni scorsi il XX Rapporto Antigone sulle criticità del nostro sistema penitenziario. L’Italia è il Paese in Europa dove più alti sono i suicidi in carcere
Carceri sempre più affollate, sempre più chiuse e dove avvengono sempre più suicidi. E’ in sintesi questa la fotografia scattata dal XX rapporto Antigone, denominato “Nodo alla gola”, presentato nei giorni scorsi a Roma. Un sistema penitenziario, quello italiano, attraversato da diverse criticità. I suicidi avvenuti quest’anno, ad oggi, sono arrivati a 30. Nel 2022, quando poi a fine anno furono 85, se ne erano registrati 20 nello stesso arco temporale. Se la tendenza di questi primi 4 mesi si confermasse nel resto dell’anno il 2024 farebbe registrare un altro record negativo e drammatico. In carcere ci si leva la vita ben 18 volte in più rispetto alla società esterna. L’Italia, secondo dati dell’OMS del 2019, è una delle nazioni dove ci si suicida di meno. Al contrario, se si guardano i dati del 2021 del Consiglio d’Europa, il nostro Paese è al di sopra della media europea per i suicidi in carcere.
Le presenze in carcere generano più di qualche preoccupazione, sia per il numero complessivo raggiunto, sia per il tasso di crescita che si registra da diversi mesi a questa parte. Rispetto al primo dato, al 31 marzo 2024 erano 61.049 le persone detenute, a fronte di una capienza ufficiale di 51.178 posti. Tuttavia il dato disponibile più recente, ricavato dalle schede trasparenza del Ministero della giustizia, ed aggiornato al 6 giugno 2023, ci dice però che in quel momento c’erano 3.640 posti non disponibili. Di conseguenza è possibile affermare che attualmente ci sono circa 14.000 persone recluse che non hanno un posto regolamentare a disposizione.
Le cause di questa crescita sono diverse: maggiore lunghezza delle pene comminate, minore predisposizione dei magistrati di sorveglianza a concedere misure alternative alla detenzione o liberazione anticipata, introduzione nuove norme penali e pratiche di Polizia che portano a un aumento degli ingressi. Tra queste ultime va sottolineato che l’attuale governo, dalla data del suo insediamento nell’ottobre del 2022, ha introdotto una decina di nuovi reati e sei nuove fattispecie penali. Un impatto grave sul sovraffollamento potrà avere anche la decisione di punire maggiormente i casi di lieve entità legati alle violazioni della legge sugli stupefacenti che, già attualmente, produce circa 20mila detenuti. Da considerare, invece, che a questo aumento della popolazione detenuta non corrisponde un aumento del numero dei reati. Dal 1 gennaio al 31 luglio 2023 erano stati commessi in Italia 1.228.454 delitti, il 5,5% in meno rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
Tra le soluzioni al sovraffollamento non c’è poi sicuramente quella dell’edilizia penitenziaria.
I tempi medi di costruzione di un carcere, nella storia recente, sono stati circa di 8-10 anni. Il costo medio di un carcere per 400 persone è di circa 30 milioni di euro. Ciò significa che oggi ci vorrebbero circa 40 nuove carceri, per un costo di 1 miliardo e 200 milioni di euro. Somme a cui si dovrebbero aggiungere anche quelle, ingenti, per assumere almeno 300 poliziotti a carcere, e quindi altre 12 mila unità di Polizia Penitenziaria, oltre a tutte le altre figure professionali, ai servizi necessari per far funzionare gli istituti. In questo panorama di carceri sempre più sovraffollate e con numeri di suicidi sempre più alti, non aiuta di certo anche la chiusura che si sta registrando negli istituti penali. La circolare DAP n. 3693/6143 del 18 luglio 2022 aveva introdotto direttive per la riorganizzazione del circuito della media sicurezza, il quale nel suo complesso ospita più del 70% della popolazione detenuta complessiva. Sebbene l’obiettivo dichiarato della circolare sia superare la dualità tra custodia aperta e custodia chiusa, ai fini di garantire il trattamento individualizzato, il modello di chiusura sembra essersi affermato, configurando le occasioni di apertura come una residuale eccezione.
“La situazione delle carceri italiane, che emerge da un lavoro di monitoraggio che nel 2023 ci ha portato a visitare 99 istituti presenti nella Penisola, è drammatica”, spiega Patrizio Gonnella, presidente di Antigone. “Da tempo chiediamo che il tema venga posto al centro dell’agenda politica e che si affrontino i tanti problemi che stanno deflagrando in maniera evidente. Invece, quello a cui assistiamo da parte del governo Meloni, è un utilizzo populistico dello strumento penale, come strada da percorrere per gestire tutti i fenomeni sociali che emergono nel Paese. Il risultato è il ritorno a livelli di affollamento che non si registravano da oltre 10 anni, cioè da quando l’Italia fu condannata dalla Corte Europea per i Diritti dell’Uomo per i trattamenti inumani e degradanti generalizzati che si verificavano nelle nostre carceri”.