di Armando De Vincentiis
Le elezioni politiche rappresentano una sorta di test psicologico in cui emergono, in modo piuttosto dirompente, tutte le regole generali della psicologia delle masse: la persuasione, la propaganda, la suggestione. Le promesse elettorali diventano una sorta di stimolo di laboratorio, una variabile indipendente che testa le reazioni dei gruppi
Fior di sociologi evidenziano che il comportamento elettorale rappresenta un fenomeno sociale che riflette le norme, i valori e le credenze della società. Ma quali sono le norme e i valori della società? Esse sono definite una volta per tutte?
La storia sembra insegnarci che cambiano in base al contesto storico e sociale in cui viviamo. Non occorre andare molto indietro nel tempo per notare differenze evidenti, anche nello stesso periodo storico, le cose cambiano in base alle idee politiche che circolano e, soprattutto, a come queste vengono propagate.
Perché accade? Perché la psicologia delle masse funziona in questo modo: le scelte vengono fatte sulla base di una percezione, spesso completamente fittizia, di un possibile vantaggio personale. Le elezioni politiche rappresentano una sorta di test psicologico in cui emergono, in modo piuttosto dirompente, tutte le regole generali della psicologia delle masse: la persuasione, la propaganda, la suggestione. Le promesse elettorali diventano una sorta di stimolo di laboratorio, una variabile indipendente che testa le reazioni dei gruppi.
Le informazioni provenienti da un leader politico subiscono una serie di trasformazioni nel nostro cervello, attraverso reazioni automatiche legate alla percezione. Se le informazioni, benché scorrette, provengono da una corrente ideologica affine a noi, il cervello le rielabora adattandole alla realtà, rendendole apparentemente funzionali e capaci di portare vantaggi. Viceversa, se un’informazione proviene da una corrente politica opposta, anche qualora fosse davvero funzionale e vantaggiosa per noi stessi, il nostro cervello si impegna meticolosamente per smontarla e si autoconvince che essa non sia affatto utile. E se un’idea, pur pericolosa, appare ideologicamente coerente, finiamo per abbracciarla comunque, attraverso un vero e proprio processo di autodistruzione.
La storia ha mostrato come interi popoli abbiano fatto scelte suicide sostenendo leader che li hanno condotti verso guerre e distruzione. Non bisogna andare molto lontano nella storia per trovare esempi di questo tipo. Anche osservando su scala locale, possiamo notare atteggiamenti simili.
Le proposte economiche possono essere viste come devastanti o idilliache, a seconda della corrente politica abbracciata. Ma ciò che colpisce maggiormente è che tali atteggiamenti non rappresentano una scelta personale, bensì un vero e proprio autoinganno, influenzato da condizionamenti ideologici preesistenti. È sorprendente come questo fenomeno non riguardi il singolo individuo, ma intere masse. E, analizzando il fenomeno con occhio critico, o meglio clinico, ci si rende conto che commenti e argomentazioni sono del tutto sovrapponibili, come se a parlare fosse la stessa persona.
Un’altra caratteristica della psicologia delle masse è la loro memoria corta. Un esempio evidente si verifica quando un leader politico, durante la campagna elettorale, fa delle promesse che si diluiscono nel tempo. Successivamente, lo stesso leader ripropone tali promesse in una nuova campagna elettorale, e il cervello ideologico collettivo torna a crederci. Questo candidato può, per così dire, “vivere di rendita”, sfruttando la stessa promessa fatta in precedenza, anche se mai realizzata.
Perché accade questo? Perché le masse, al pari del singolo individuo, agiscono in termini di speranze e bisogni personali, ignorando le soluzioni negative già sperimentate e rinnovando la fiducia nella speranza di ottenere un vantaggio. Tuttavia, questo vantaggio è spesso sabotato dal condizionamento ideologico menzionato in precedenza. La coscienza delle masse appare alterata, influenzata da ideologie politiche, economiche o filosofiche.
Ci sono, per esempio, masse che ritengono vantaggioso continuare una guerra. Questo fatto evidenzia quanto il “cervello collettivo” sia animato da principi ideologici. Quando parliamo di ideologia, ci riferiamo a ciò che arbitrariamente abbiamo deciso essere giusto e corretto, senza una base scientifica plausibile dal punto di vista funzionale. Si tratta di meccanismi di comprensione che meritano di essere approfonditi più a livello psicologico che filosofico.
D’altronde come affermava il sociologo e antropologo Gustave Le Bon, in La psychologie des foules “le folle non hanno mai avuto sete di verità. Dinnanzi alle evidenze che a loro dispiacciono, si voltano dall’altra parte, preferendo deificare l’errore, se questo le seduce. Chi sa illuderle, può facilmente diventare loro padrone; chi tenta di disilluderle è sempre loro vittima”.
E noi siamo maestri nel cercare le vittime sacrificali di ciò che consideriamo , sempre ideologicamente, la causa dei nostri disagi. Le masse tendono a cercare un capro espiatorio per i loro malesseri, sentendo la necessità di attribuire i propri disagi a qualcun altro.
Il periodo elettorale è il momento in cui tali dinamiche emergono nella loro essenza, facendo scattare le nostre tendenze punitive o premianti. In molte occasioni, il voto non assume, nella nostra mente, una funzione di diritto o dovere civico, bensì diventa un mezzo per sfogare un disagio.
La matita elettorale rappresenta simbolicamente una spada: una spada che può ferire oppure toccare un cavaliere, investendolo del suo titolo. Non stiamo votando ma premiando o punendo con l’illusione che tale premio si ritorcerà positivamente su di noi! Così era e cosi sarà sempre.