lunedì 28 Aprile 25

Cresce lo spreco alimentare in Italia: 8 miliardi di cibo nella spazzatura

di Francesca Leoci

Un paradosso contemporaneo tra abbondanza e povertà. Ogni giorno, in Italia, vengono gettati 88,2 grammi di alimenti a persona, mentre la povertà aumenta. Scopriamo le cause e le soluzioni per ridurre questo fenomeno

In un’epoca caratterizzata da crescenti disuguaglianze sociali e crisi ambientali, lo spreco alimentare emerge come uno dei paradossi più significativi della nostra società. I dati recenti dell’Osservatorio Waste Watcher International dipingono un quadro allarmante: gli italiani gettano nella spazzatura in media 88,2 grammi di cibo al giorno, equivalenti a 617,9 grammi settimanali – con un aumento del 10% rispetto all’anno precedente.

Il paradosso tra povertà e spreco alimentare

Il fenomeno assume contorni ancora più drammatici se si considera che, mentre il volume degli sprechi cresce, aumenta parallelamente l’insicurezza alimentare nel paese. L’indice Fies 2025 registra un incremento del 13,95%, in un contesto dove la povertà assoluta tocca ormai 5,7 milioni di persone. La geografia dello spreco rivela inoltre una correlazione paradossale: le regioni del Sud e del Centro, dove si registrano i maggiori livelli di povertà, sono anche quelle dove si spreca di più.

Cibo nella spazzatura

Sul banco degli imputati troviamo principalmente frutta fresca, pane, verdura e insalata, alimenti base della dieta mediterranea che finiscono troppo spesso nei rifiuti. Lo spreco domestico, che rappresenta il 58,55% dello spreco totale, costa agli italiani 8.242 miliardi di euro all’anno, circa 130,71 euro pro capite.

Perché sprechiamo così tanto cibo?

Ma perché gli italiani sprecano così tanto cibo? A spiegarlo ai microfoni di LifeGate.it, il professor Andrea Segrè, fondatore della Giornata nazionale di prevenzione dello spreco alimentare: “Chi ha meno possibilità di acquisto, abbassa la qualità degli alimenti comprati e questi prodotti spesso sono più vicini alla scadenza o deperiscono più facilmente perché non sono freschi”.

Le principali cause includono l’acquisto eccessivo, le scadenze vicine o mancanza di programmazione, la mancanza di tempo per riciclare gli avanzi, e soprattutto la qualità del cibo economico più deperibile. Un paradosso che evidenzia una realtà in cui le aree più colpite dall’impoverimento sono anche quelle dove si spreca maggiormente il cibo.

Le pratiche antispreco

La situazione è ancora lontana dagli obiettivi dell’Agenda 2030 sul dimezzamento dello spreco alimentare. Per raggiungere questo traguardo entro il 2029, l’Osservatorio Waste Watcher una riduzione graduale di 50 grammi settimanali pro capite di cibo sprecato. Nonostante l’86% degli italiani dichiari attenzione al cibo, le pratiche antispreco stentano.

Le strategie più adottate includono il consumo prioritario degli alimenti prossimi alla scadenza e il congelamento dei cibi non destinati al consumo immediato. È interessante notare che il 56% degli italiani verifica la commestibilità degli alimenti anche dopo la data di scadenza, consumandoli se ancora in buono stato. Meno diffuse sono invece altre pratiche anti-spreco: solo il 10% dona il cibo in eccesso a parenti o amici, mentre rimane stabile al 28% la percentuale di chi richiede la doggy bag al ristorante per portare a casa gli avanzi.

L’impatto ambientale

Tuttavia, lo spreco alimentare non è solo un problema etico o economico, ma anche ambientale, responsabile dell’8-10% delle emissioni globali di gas serra. Dalla fattoria alla tavola, infatti, il cibo sprecato consuma risorse preziose come acqua, terra ed energia, mentre gli scarti nelle discariche rilasciano metano, contribuendo al cambiamento climatico.

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