di Vittorio Galigani
I Giochi del Mediterraneo costeranno allo Stato (chiedo scusa, ai contribuenti) oltre 300 milioni di euro. Ora ci si preoccupa che lo Iacovone (ristrutturato) possa diventare una cattedrale nel deserto perché a Taranto non vi è più la Società di calcio. Nell’ipotesi più favorevole si dovrà ricominciare dal campionato regionale di Eccellenza, con un nuovo Club, un nuovo numero di matricola, una nuova denominazione. Una nuova proprietà
A Taranto si “mangiava” pane e calcio. Ora non più. Per il pranzo della domenica le mamme preparavano lasagne e polpette al sugo. Una tradizione per i tifosi. Poi si doveva mangiare in fretta, perché bisognava correre al “Salinella” che giocavano i rossoblu. Bisognava correre a fare il tifo.
Oggi è impossibile. Il Taranto è stato “cancellato” per gravi inadempienze regolamentari. Una situazione impensabile sino a qualche anno addietro. Giovanni Fico, Donato Carelli e Vito Fasano si staranno rivoltando nelle tombe.
Lo Iacovone è sempre stato una “bolgia” dove esplodeva la passione sportiva dei tarantini. Allo stadio si sono sempre dimenticate tutte le preoccupazioni del quotidiano. Si tifava e si scaricavano le tensioni. Dal fragore incessante dei nostri padri (chi non ricorda il rumore provocato dallo sbattere dei vecchi sedili) si è progressivamente passati alle stupende coreografie degli anni più recenti. Su quegli spalti si è sempre cantato con entusiasmo ed a squarciagola “ … son tarantino e me ne vanto”…”la mia fede è una soltanto”…
Ora non è più possibile. Di quello stadio è rimasto soltanto uno scheletro decrepito. I Giochi del Mediterraneo” regaleranno alla città un nuovo impianto. Costerà allo Stato circa 80 milioni di euro. Sarà pronto (se va bene) ad agosto del 2026. Nel frattempo per la negligenza generale il “Taranto calcio” non c’è più. Da oltre tre mesi non si gioca più. La disaffezione sta aumentando, il disinteresse rischia di prendere il sopravvento. In città non ci si “nutre” più pane e calcio.
E pensare che il Club si poteva “salvare”. Si sono invece chiusi i “cancelli” quando era troppo tardi, per correre ai ripari. Si sapeva dei Giochi del Mediterraneo dal 2019. Tutti si sono dedicati (anima, corpo e portafogli) nel susseguirsi degli anni, a quella manifestazione, nessuno, Amministratori locali in testa, si è preoccupato di salvaguardare chi, sul territorio nazionale rappresentava, calcisticamente, la città. Sono invece prevalse le antipatie personali (tra primo cittadino e la proprietà) ed il disinteresse più totale, di chi amministrava la città, per la disciplina sportiva e per quei colori che da sempre hanno appassionato tifosi e non solo.
Il Taranto calcio è stato cancellato dal campionato per inadempienze normative di natura finanziaria. La crisi economica del club era stata annunciata. Chi, negli ultimi tempi, gli si era avvicinato recitava e prometteva da ciarlatano. “Liquidatori” senza il becco di un quattrino che si sono avvicinati alla proprietà e, con i loro comportamenti, hanno accelerato il processo di disgregazione. Quella dei crediti d’imposta è stata solo l’ultima goccia che ha fatto traboccare, irrimediabilmente, il vaso.
I Giochi del Mediterraneo costeranno allo Stato (chiedo scusa, ai contribuenti) oltre 300 milioni di euro. Ora ci si preoccupa che lo Iacovone (ristrutturato) possa diventare una cattedrale nel deserto perché a Taranto non vi è più la Società di calcio. Nell’ipotesi più favorevole si dovrà ricominciare dal campionato regionale di Eccellenza, con un nuovo Club, un nuovo numero di matricola, una nuova denominazione. Una nuova proprietà.
Però, con maggiore attenzione, il “disguido” (grave) si poteva evitare e si poteva quantomeno mantenere la categoria professionistica. Perché il calcio tarantino è “scoppiato” anche in virtù dei tanti eventi negativi che si sono accumulati sulla Società nelle ultime due stagioni sportive. Basta citare l’incendio della curva sud, le partite a porte chiuse ed in campo neutro. La chiusura definitiva dello stadio, la conseguente carenza di ricavi da botteghino che hanno ancor più aggravato la situazione economica (già pesante) della società. Usando il raziocinio sarebbe bastato tendere la mano (economica). Non tanto per favorire la proprietà quanto la tradizione sportiva della città. Sarebbe stato sufficiente un ristoro, certamente consistente, destinato esclusivamente alla copertura del debito sportivo, motivato dai “danni” subiti dal Club. Si sarebbe evitato il ridicolo. La categoria (professionistica) si sarebbe fatta salva ed il timore della possibile inutilità del nuovo stadio, non si sarebbe manifestato.
Del resto non ci si venga a dire che a quel monte investimenti, stanziati per i Giochi del Mediterraneo (ricordiamo di trecento milioni di euro), non si poteva aggiungere un quid a ristoro dei danni provocati per il “negato” utilizzo dello Iacovone per circa due campionati. Perché è bene ricordarlo, al di la delle promesse mai mantenute, il nuovo Taranto (qualunque esso sia) dovrà giocare in campo neutro anche tutto il prossimo campionato di Eccellenza. Conseguentemente, senza ricavi, sponsorizzazioni e pubblicità di varia natura. Probabilmente anche senza il sostegno del suo pubblico!
E pensare, senza voler dare colpe a nessuno, che in tempi non sospetti si sono salite tutte le scale possibili ed immaginabili e si è bussato a tutte le porte, anche quelle politicamente più autorevoli, nel tentativo di far comprendere la delicatezza della situazione e l’importanza, per la città (ma non solo), di mantenere il titolo sportivo, della Taranto del calcio, nella categoria professionistica. Nessuno, allora come ora, ha inteso e/o “voluto” comprendere.
Ed ora, non essendoci più squadra, ci si “preoccupa” del pericolo, latente neppure tanto, che il nuovo stadio Iacovone (speriamo che almeno rimanga quella la denominazione) possa diventare una cattedrale nel deserto. Solo per inciso: per quanto concerne il calcio, ai Giochi del 2026, parteciperà la rappresentativa azzurra della “Under 19”. Nel frattempo, a Taranto, non ci si “nutre” più di pane e calcio!