di Vittorio Galigani
Marani “coltiva” una cultura giornalistica. Incanta la platea dei presidenti con la dialettica. Teme le urne. Predilige le votazioni per alzata di mano. Ha compreso che in questo modo “aggira” lo scontento. Ma i problemi sulla sostenibilità rimangono tutti sul tavolo
Lega Pro. Si sta rasentando il ridicolo. Alcuni presidenti sono interessati a inficiare i risultati acquisiti sul campo. Accade principalmente nel girone C. Ci sono Presidenti che auspicano l’estromissione di Turris e Taranto (e di qualche altro) per stravolgere la classifica. Nel senso se tolgono a te, va meglio per me. Promozioni e salvezze decise quindi a tavolino (quelle che non sono stati capaci di conquistare giocando). Con un riduttivo calcolo aritmetico di sottrazioni. Una vera indecenza.
Dicono in Lega, a Firenze, però, se qualche club dovesse essere escluso, per inadempienza durante il campionato emergerebbe una immagine “sgualcita” del sistema calcio. Un’amara sconfitta. Ed allora che si fa? Allora teniamo “botta” il più a lungo possibile. Lasciamo decidere al tempo. Lasciamo che a decidere sia la giustizia domestica della Federcalcio.
Per anni abbiamo assistito a classifiche rivoluzionate dalle penalizzazioni. In tutti i gironi. Stagioni da veri record negativi. Anche ai tempi di Mario Macalli presidente. In tempi più recenti sono state radiate, a tornei in corso, Matera e Catania. La “stretta”, imposta dai regolamenti e dal controllo “capillare” della Covisoc, non è stata sufficiente per giungere alla soluzione del problema.
Mario Macalli, nella sua lunga gestione, si vantava di essere il presidente del campionato dei campanili. Gli permetteva di essere, spesso, l’ago della bilancia nei pesi elettorali, come in Consiglio Federale. Ci siamo però dimenticati della serie C alla fine degli anni 70. L’organico tra C1 (divisa in due gironi) e C2 (divisa in quattro) contava 112 club. Ma era un altro calcio. Altre regole. Altri costi. La C era veramente una fucina di talenti per le categorie maggiori. I movimenti di mercato davano un grande aiuto economico.
L’evoluzione del sistema calcio ha inviato, negli anni, segnali altamente significativi, determinanti. La necessità di un cambiamento radicale. Su tutto la modifica del format, divenuto indispensabile, motivata da una “smarrita” sostenibilità. Francesco Ghirelli, impegnandosi su quell’argomento, smarrì le “chiavi” della sede fiorentina della Lega Pro e abdicò dalla poltrona presidenziale. La sua riforma non piacque alla maggioranza dei suoi presidenti. Il buon Francesco, sentitosi tradito da molti, rassegnò le dimissioni, segnando la fine di un ciclo.
Per sostituirlo abbiamo tutti creduto, sbagliando, che Matteo Marani rappresentasse la scelta migliore. Si presentava come quello con le idee nuove, visionarie, capace di “tracciare” il solco. Per restituire credibilità ed interesse a una categoria ormai obsoleta. All’insegna di un format rinnovato. Accattivante come organico e come incremento delle entrate. Matteo Marani ha tradito le aspettative. Non si è concentrato su questi “argomenti” fondamentali per la sopravvivenza. Molto impegno su iniziative di facciata. Calma piatta sul fronte delle riforme. Carente la politica dei ricavi.
Un esempio su tutti. Il contratto biennale con Sky. Sbandierato come grande successo presidenziale, porta soltanto pochi spiccioli nelle già misere casse delle Società. Poi. Spulciando sui costi delle trasferte. Ci si accorge che per la trasferta da Crotone a Biella (per affrontare la Juventus N.G.) si spende una cifra molto vicina a quei 50 mila dell’appannaggio annuo dei diritti televisivi. Oppure che, per seguire lo “spezzatino”, imposto dalle esigenze della piattaforma televisiva, le presenze allo stadio sono tutte in sensibile calo. Al punto che i costi rischiano di superare i ricavi prodotti.
In buona sostanza il format attuale, nel rispetto delle necessità finanziarie dei club, non ha più motivo di esistere. Ma il gestore attuale è rimasto al palo. Non ha presentato progetti. Non ha avanzato proposte.
Marani “coltiva” una cultura giornalistica. Incanta la platea dei presidenti con la dialettica. Teme le urne. Predilige le votazioni per alzata di mano. Ha compreso che in questo modo “aggira” lo scontento. Ma i problemi sulla sostenibilità rimangono tutti sul tavolo. Matteo Marani è un ottimo oratore. Con un distinguo. Manca della indispensabile “gavetta” dirigenziale. In passato non ha mai “goduto” l’esperienza di dover “schivare” le buche di “percorsi” scoscesi. Gravami che, in categoria, incidono pesantemente sulle gestioni economiche dei club.
Sui format, dovremmo prendere insegnamento da altri Paesi europei. Guardiamo, per esempio, come sono strutturati in Inghilterra. Soltanto in Italia esistono 60 squadre professionistiche in terza serie. E solo da noi i club non sono in grado di sostenersi. Impariamo allora la lezione. Se vogliamo che il pallone continui a rotolare regolarmente. Diversamente ci saranno sempre i casi di Triestina, Ternana, Catania, Turris e Taranto. Solo per citare quelli che in stagione sono già stati penalizzati.
Mi auguro che, dopo l’assemblea elettiva del prossimo 3 febbraio, Gabriele Gravina, rieletto alla presidenza della Figc, prenda di “petto” la situazione. Ricordo ancora un suo interessante progetto, sulla riforma dei campionati, già alcuni anni addietro. In via Allegri, allora, “regnava” Carlo Tavecchio.
Una C di elìte (chiamatela, se volete B2) a 20 squadre. Club con meriti sportivi. Strutturali, di onorabilità, sostenibili. Società gratificate da proventi federali appropriati. Da stabilire il meccanismo delle promozioni e delle retrocessioni. A scendere una serie C minore. A tutto semiprofessionismo. Che già viene attuato sul territorio nazionale. Considerando la minore tassazione, che ne deriva, come contributo al risparmio. Ancor più sotto i dilettanti.
Tutto per un calcio più “pulito”. Meno chiacchierato. Perché il pallone possa veramente continuare a rotolare. Perché i campionati siano più regolari. No, come ho sentito dire in questi giorni, da fior di presidenti. Fare conteggi e dichiarazioni, speranzosi nelle “disgrazie” altrui (ma Turris e Taranto sono “maglie” che vanno rispettate). Per ribaltare situazioni di classifica compromesse da prestazioni mediocri dei propri calciatori. Presidenti ai quali vorrei anche ricordare che i soldi fanno bene, ma da soli, non vincono i campionati. Come le squadre. Che si fanno con i calciatori e gli allenatori. Non con le “figurine”. E già sento parlare di calciomercato!