venerdì 18 Ottobre 24

Ora, più che mai, dalla parte del Taranto

L’eventualità di dover disputare le partite casalinghe lontano dallo Iacovone complica i piani della compagine rossoblu. Bisogna che Capuano ed i suoi ragazzi restino in riva allo Jonio. Urge una soluzione di buon senso. Qui e subito

Spento il rogo, stavolta si spera per davvero, restano una serie di interrogativi che amaramente si legano ad una sfilza di (quasi) rimpianti.
L’antefatto, si chiama entusiasmo ritrovato. Un calderone che dopo essere stato lasciato in cantina per troppo tempo, ha ripreso, alle idi dell’estate che sta volgendo al termine, a ribollire, prima lentamente per poi traboccare, quasi al punto di esplodere. Nulla a che vedere con le balle plastiche inspiegabilmente lasciate a giacere sotto una polveriera, anche se agli occhi di chi scrive, pare passaggio obbligato quello di chiarire alla cittadinanza la paternità di una decisione cosi scellerata. Il calderone conteneva e contiene ancora l’ingrediente alla base del calcio, quell’entusiasmo testimoniato dagli oltre diecimila accorsi sui vetusti gradoni dello Iacovone in occasione del derby contro il Foggia.

Per chi non contestualizza, il dato potrebbe sembrare banale se rapportato ai trentamila di Taranto – Catania o ai venticinquemila di Taranto – Catanzaro, tanto per citarne qualcuna. La realtà però, è che si tratta di altri tempi, di altri tifosi, di altro calcio e che all’epoca le Pay Tv, che oggi monitorano passo dopo passo il campionato di terza serie, offrendone dirette ed esclusive, vent’anni fa a malapena garantivano la trasmissione simultanea della giornata di Serie A.

Lo Iacovone stracolmo, tornato nuovamente catino dei sogni, risultando secondo per numero di presenze, solo ad un Massimino troppo fuori portata per blasone e passato recente, è un patrimonio dal salvaguardare a tutti i costi.
Diecimila anime non sono un caso, non possono esserlo. È la cartina di tornasole di un mercato estivo di altissimo livello condotto da Eziolino Capuano e avvallato da una società che ha scelto di metterci il grano. È il riconoscimento ad una volontà di riavvicinarsi alla tifoseria, che ha colto il segnale, valutato la rosa allestita e si è presentata in massa per godersi i primi tre punti. È l’allineamento dei pianeti. Perfetto, troppo bello per essere vero. E infatti rischia di non esserlo.

La scintilla, in ogni senso, è il fumogeno lanciato dai Lanzichenecchi foggiani, che non sono “accatastabili” nella categoria tifosi, ma orda barbarica nell’accezione peggiore del termine; perché proprio in quel momento le nubi, tossiche e non, iniziano ad addensarsi sulla stagione che avrebbe dovuto (e si spera lo faccia ancora) sancire il riscatto.
Il motivo risiede in una domanda, che alla luce del colpo d’occhio offerto dalla torcida tarantina domenica, trova una celere e banale risposta: Cos’è il Taranto senza la sua gente? Solo una squadra di calcio. Cos’è il Taranto attorniato ogni domenica da diecimila cuori pulsanti? È un fenomeno sociale, culturale ed economico. È aggregazione, in una città arida, è senso di appartenenza in una comunità da sempre volta all’isolazionismo. Il Taranto è il vettore che accomuna le anime diverse del tessuto cittadino, che le unisce per novanta minuti, che le fa sentire appartenenti ad un possibile miracolo di cui potrebbero godere tutti alla stessa maniera. Se Cianci segna, esulta il notaio e pure il pescatore. È terapia per le anime, medicina istantanea venduta in una boccetta sempre uguale da un centinaio di anni a questa parte.

L’incantesimo si rompe tra i cori dei già citati vandali, che in quanto uomini primitivi interagiscono gutturalmente con il fuoco, riconoscendone le proprietà ancestrali e restandone incantati, anche a rischio di diventare la portata principale della grigliata, e addirittura scagliando sassi all’indirizzo del Pompiere (che loro stessi, riconoscono domenicalmente, essere uomo privo di paura, semicit) il quale invece di “guardarsi la partita”, è costretto a gettarsi nel fuoco per salvarli. Follia.

Follia che si trasforma in rabbia all’alba successiva, quando s’iniziano a intravedere i danni causati dal rogo e si palesa alle porte lo spettro del campo neutro per un periodo non ben precisato. Assurdo pensare che a Foggia, lo Zaccheria, sino a quando non saranno accertati i responsabili (?), sarà vietato alla gente (anche ai tifosi sani, purtroppo) per una sola giornata, mentre il Taranto potrebbe trovarsi davanti ad un campionato lontano dal proprio stadio, reso scientemente inagibile ad attualmente impossibilitato ad ospitare gare ufficiali ed allenamento.

Urge una soluzione immediata, che non può essere il trasloco a lungo termine a Vibo Valentia o Potenza e che soprattutto debba necessariamente rappresentare un tampone, un laccio capace di fermare l’emorragia, e che laddove si debba temporaneamente emigrare, consenta al Taranto di godere dei suoi innamorati, ed ai suoi innamorati paganti (abbonati e non) di godere del Taranto.

Serve uno sforzo, una soluzione immediata. Serve che il Taranto resti allo Iacovone, costi quel che costi. Serve non disperdere l’amore presente in quel calderone. Serve che una volta, finalmente, tutta Taranto, tifi per il Taranto. Buon campionato.

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