di Angelo Nasuto
Massafra replica il caso Taranto. Senza stadio non si puoi fare calcio. La locale società dilettantistica preannuncia il proprio disimpegno a fine stagione
“Questo inizio di 2025 mi sembra l’anno peggiore da quando sono nato per questa città, dove ho sempre vissuto, una città Massafra immersa in una crisi senza fine, visto che tutto ciò che ci ha fatto stare bene nei decenni scorsi sta morendo miseramente”. Questo virgolettato accorato ma disperato può tranquillamente essere una pagina di diario del cittadino massafrese medio che ha sempre amato la Tebaide d’Italia, uno dei comuni più importanti della provincia di Taranto, che si avvia a diventare un centro urbano destinato ad un declino infinito. Ma perché tutto questo sconforto in questo possibile memoriale di un presente triste, rispetto ad un passato recente e lontano piuttosto glorioso, fatto di tante attrazioni e tanto coinvolgimento culturale?
Ma il quesito posto in maniera anche molto retorica ha una risposta pronta e certa: perché a Massafra le stanno togliendo tutto ma, proprio tutto. È di ieri la notizia del netto ma neanche troppo improvviso disimpegno della società calcistica del Massafra Calcio che dopo il diniego per riaprire la tribuna coperta, oggetto di recentissimi lavori di messa in sicurezza e restyling, in occasione del match di campionato Massafra-Barletta ha annunciato la fine della sua avventura. La squadra sarà traghettata a fine campionato, dopo di che il titolo sportivo sarà ceduto a provvisti acquirenti. L’attuale società fa notare che non si può fare calcio senza pubblico, anche perché così gli sponsor son venuti meno. Il diniego, legittimamente presentato dal commissario che sta governando la città in attesa di eleggere la prossima amministrazione, rappresenta la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Un vaso stracolmo di difficoltà economiche, ma anche organizzative soprattutto per la questione dello stadio: la societànon ce la fa più di sopportare tutto ciò in un ambiente, quello calcistico, che si è di molto complicato.
E allora via anche il calcio da questo che una volta era il fiore all’occhiello della provincia tarantina, dove la produttività nel settore agricolo e industriale, anch’essa in crisi, andava a gonfie vele e ci faceva vivere in una sorta di eldorado.
La questione, se volgiamo analizzare bene tutto, parte da lontano e afferisce già ad alcuni anni fa, quando certi ostacoli stavano diventando insormontabili a tal punto da far gettare la spugna a chi ha sempre combattuto e fatto anche a pugni per restare a in piedi e non cadere a terra. Nel frattempo la città è stata governata da un’amministrazione che ha tentato di curare l’aspetto sportivo, cercando di mettere al passo coi tempi le strutture per gli eventi di sport, ma con risultati tardivi, quando si sono raggiunti.
L’odissea dello Stadio Italia, coinvolto in lavori di ammodernamento infiniti di cui per ora non si conosce la fine, è l’emblema di una mancanza di efficacia e competenza, che rasenta l’imbarazzo. E capire di chi siano le responsabilità politiche e amministrative di un altro fallimento non è poi così difficile.
Dunque Massafra resta senza la passione pallonara e la delusione si va ad aggiungere a quella della morte lenta, ma inesorabile del Carnevale, che in questo 2025 sta vivendo forse il momento più basso della sua storia. Era bellissimo negli anni ottanta e novanta aspettare i weekend dei primi mesi dell’anno, sperando in un inverno non troppo rigido, per andare allo stadio Italia e tifare la squadra della propria città, con la mente rivolta alle notizie riguardanti le preparazioni dei carri allegorici per l’imminente sfilata. E magari dalla tribuna degli spalti si allungava lo sguardo per osservare qualche movimento di gru e pupi in cartapesta per i lavori di messa a punto delle opere carnevalesche. Anche qui sul Carnevale e sul suo triste epilogo le responsabilità politiche e amministrative sono innegabili. E allora la pagina di diario si potrebbe concludere con: “però adesso basta, d’ora in poi da buon singolo cittadino mi impegnerò per la mia comunità e lo farò sin da subito, riuscendo a scegliere buoni amministratori fra qualche mese quando saremo chiamati al voto”.