di Vittorio Galigani
Il richiamo dello stadio ristrutturato, da poter “usare” per proprio tornaconto, per determinati personaggi è più ammaliante delle lusinghe che la maga Circe inviava a Ulisse. Tutti coloro che hanno tentato di avvicinarsi al Taranto hanno pensato di sfruttare soltanto quella scia, piuttosto che investire sul territorio. Il “bordello” degli f24, saldati con certificati di credito farlocchi, ne sono l’esempio più lampante
Il futuro del calcio tarantino? Un universo di congetture improbabili basato sulle “chiacchiere” divulgate dagli scappati di casa. Quelli che, da ottobre scorso a oggi, si sono avvicendati al capezzale di F.C. Taranto 1927. Soggetti “approssimativi” che, a turno, hanno millantato la volontà di acquisire le quote di maggioranza del club, dichiarando una disponibilità economica mai dimostrata, sbandierando “progetti” fantasmagorici. Tutti “appoggiati” sull’utilizzo, in concessione, del rimodernato stadio Iacovone.
Perché questo è problema. Lo stadio Iacovone, che una linea di pensiero perversa vede protagonista del futuro. Con la convinzione fantasiosa, di taluni, che l’impianto sportivo farà la ricchezza di chi arriverà a gestire l’azienda calcio con i colori della città. Lo stadio, dunque, come fonte di reddito. Per questo Colin Campbell, Vulpis e soci si erano avvicinati, nell’ottobre scorso al sindaco costruendo, attorno a quella operazione, un gigante di argilla che si è “sgretolato” dinanzi alle prime difficoltà.
Il richiamo dello stadio ristrutturato, da poter “usare” per proprio tornaconto, per determinati personaggi è più ammaliante delle lusinghe che la maga Circe inviava a Ulisse. Tutti coloro che hanno tentato di avvicinarsi al Taranto hanno pensato di sfruttare soltanto quella scia, piuttosto che investire sul territorio. Il “bordello” degli f24, saldati con certificati di credito farlocchi, ne sono l’esempio più lampante.
Ora la “maglia” rossoblu, sotto qualunque egida, dovrà ripartire disputando il campionato di Eccellenza regionale. Emigrando, per la prima stagione sportiva, in un impianto limitrofo possibilmente adeguato alle potenzialità dei suoi sostenitori.
Alla base di tutto, per ripartire, occorre un piano industriale di almeno 5 anni. Con un investimento milionario. Con mire concrete per risalire, quantomeno alla serie C. O quello che sarà, fra 3 o 4 stagioni, il campionato di terza serie professionistica, in funzione della prossima riforma,
Con un interrogativo: escludendo le polisportive (che non rispecchiano la mentalità dell’indotto) e le “cordate” (ovunque destinate a fallire), il territorio, con le sue economie, esprime un soggetto (fisico o giuridico) che ha i “garretti” di acciaio talmente “solidi” da supportare un progetto tanto ambizioso, quanto oneroso? Un soggetto, soprattutto, che abbia voglia di “avventurarsi” in una impresa che, prima ancora di porla in atto, si rivela “titanica”.
Un’impresa priva, nel presente, di qualsiasi garanzia sull’utilizzo futuro dello stadio Iacovone. Sull’impianto, di proprietà della Civica Amministrazione, è sovrano il Consiglio Comunale e non si può ipotizzare, ora, alcun tipo di soluzione. L’attuale gestione commissariale del Comune e le future elezioni, pongono il blocco a qualsiasi tipo di impegno immediato. Su questa realtà cade il presupposto che il “nuovo ”Iacovone” possa essere considerato fonte di reddito. E che, ora per allora, possa essere “destinato”, alla nuova Taranto calcio, in convenzione pluriennale.
Un ostacolo non indifferente nella programmazione, nella attuazione del progetto sportivo perché del domani, sull’argomento stadio, non vi può essere certezza né sui termini in cui sarà concesso l’utilizzo alla “nuova” Società né per una gestione globale o soltanto per le gare ufficiali ed a quali costi. Non esiste, nell’immediato e nemmeno da qui alla fine del prossimo mese di giugno, un’istituzione del territorio in grado di assumersi la responsabilità, per un impegno che avrà comunque decorrenza dalla stagione sportiva 2026/27.
Tutto bello, nelle aspettative, tutto complicato nella realizzazione del piano industriale. Una situazione che, certamente, può andar bene più agli “scappati di casa” (di ormai facile identificazione) che ambirebbero ad “acchiappare” tutto per poi, eventualmente, scappare da ospiti indesiderati. Piuttosto che a un imprenditore abituato, per ogni esercizio, a far quadrare costi e ricavi, strutturato per dare continuità non aduso a fare pericolosi salti nel buio.
Capita allora che di fronte alle stringenti regole della Pubblica Amministrazione, come dei rigidi controlli della Corte dei Conti, lo Iacovone corra il rischio, di diventare una cattedrale nel deserto. Anche in considerazione degli elevati costi che si dovranno sostenere per la sua manutenzione (ordinaria e straordinaria).
In questa ottica ed in considerazione dei ruoli rivestiti, è allora comprensibile ed apprezzabile l’interesse manifestato dal Commissario ai Giochi del Mediterraneo, Massimo Ferrarese, per una polisportiva, volta, secondo un suo credo, a non far “scomparire” le principali attività sportive del territorio, attualmente in crisi. Calcio, Basket e Volley. Un tentativo senza dubbio encomiabile. Una ”mission” impossibile, però, di fronte alla crisi imprenditoriale che coinvolge l’indotto, con le economie del territorio in caduta libera. Con le principali vie del commercio cittadino a serrande abbassate e ridotte in “ghetti”. Come di fronte a una mentalità radicata in chi è abituato a gestire in proprio le risorse e mai si assoggetterebbe al rispetto piramidale di decisioni condivise. Taranto, poi, non rasenta, neppure lontanamente, la cultura polifunzionale di Real Madrid e Barcellona. Ci sarà comunque modo di riparlarne a breve ed approfondire.
Nel frattempo anche la Turris è stata esclusa dal campionato. Una aggravante notevole sulla sorte di F.C. Taranto 1927 srl.